venerdì 23 agosto 2013

USA

Come gli USA armano i terroristi in Siria

I ribelli islamisti in Siria ricevono armi dai depositi europei della NATO?
Valentin Vasilescu, Réseau International, 14 luglio 2013
47391Sia la Federazione russa che i Paesi occidentali dovrebbero astenersi dal fornire armi a uno dei due campi, perché vi è una guerra civile, il che significa molte vittime e notevoli rischi per la stabilità della Giordania“, ha detto il presidente Traian Basescu in una conferenza stampa a Bucarest, dopo un incontro con il segretario del Consiglio di sicurezza russo Nikolaj Patrushev, il 17 giugno 2013. D’altra parte, il governo romeno guidato da Victor Ponta ha inutilmente girato il mondo da Pechino a Mosca dicendo che l’obiettivo dell’offensiva diplomatica della Romania è tracciare un illusorio investimento da 10 miliardi di euro creando 50.000 posti di lavoro entro la fine dell’anno. Il governo rumeno si trova ora in una situazione disperata, come ho presentato in un precedente articolo sui piani di investimento della Russia e della Cina in Europa, che escludevano la Romania.
Invece di iniziare a creare un clima di competenze, il governo rumeno s’è impigliato in una coalizione con mafiosi di partito che, in tutti i governi precedenti, hanno subordinato tutto agli interessi statunitensi e confermato ad alti incarichi i loro clienti, parenti ed amici. Una coorte di politici americanizzati senza alcuna preparazione per i loro incarichi, è stata installata dall’ambasciata statunitense eliminando i veri professionisti che si ritrovano disoccupati da almeno 8-9 anni. Anche se il Primo ministro Ponta conosce la realtà, non se ne preoccupa. E per conquistare la fiducia del Cremlino e di Pechino, deve prima imparare a non mentire a denti stretti perché Mosca non crede alle sue lacrime di coccodrillo, né all’assoluzione, nonostante le prove, del pubblico ministero per il vergognoso plagio per la propria tesi di dottorato.
Il ministro dell’Economia della Romania, Vosganian, aveva già annunciato il 6 giugno 2013 che l’industria della difesa tramite la Romarm aveva firmato un contratto per l’esportazione di oltre 100.000 AK-47 negli Stati Uniti, un contratto valido fino al 2014. L’esportazione avviene sotto il controllo dell’US Federal Bureau per alcol, tabacco e armi. Secondo il ministro romeno, il prezzo offerto dagli Stati Uniti era di circa il 30% superiore a quello di mercato e il volume degli ordini è superiore alla capacità della fabbrica di armi Cugir. Ecco perché gli statunitensi hanno chiesto alla società di raddoppiare la sua capacità produttiva attuale, ma non vi è alcun segno che il mercato statunitense sia in procinto di uscire dalla recessione. Soprattutto da quando, dopo la strage del 14 dicembre 2012, effettuata con un fucile d’assalto nel college “Sandy Hook” della città di Newtown, nello Stato del Connecticut, dove furono uccise 27 persone, di cui 20 bambini, le autorità statunitensi hanno limitato la commercializzazione di questo tipo di armi.
La fabbrica di armi Cugir, che lo scorso anno ha avuto un fatturato di 3 milioni di dollari ed ha quasi 300 dipendenti, è miracolosamente riuscita ad aumentare la produzione senza assunzioni, riuscendo a consegnare agli Stati Uniti, il primo mese, decine di migliaia di armi per un valore di 1 milione di dollari. Chiunque legga questo articolo si chiederà come ha fatto una piccola fabbrica di armi in Romania a triplicare la produzione in una notte, e senza alcun investimento? Una spiegazione può essere trovata negli anni precedenti, quando la Romania avrebbe dovuto fornire alla Giordania dei nuovi AK-47, prodotti nella stessa fabbrica. L’esercito giordano era già dotato di moderne armi d’assalto degli Stati Uniti, M16/AR-15 da 5,56 mm e le taiwanesi T91 e T86 dello stesso calibro. Perché hanno bisogno degli AK-47 rumeni da 7,62 millimetri? La Romania ha preso le vecchie armi dell’era di Ceausescu dai depositi militari, le ha ridipinte e inviate ad Amman. I giordani sono rimasti scioccati ricevendo armi arrugginite e che non funzionavano, invece delle nuove armi che si aspettavano. Questi errori furono così numerosi e gravi che i giordani non potevano credere che la Romania potesse permettere che queste armi lasciassero la fabbrica in tali condizioni.
Il Consiglio Supremo di Difesa del Paese (CSAT), guidato dal presidente Traian Basescu (con il Primo ministro Victor Ponta, anch’egli membro del CSAT e complice) ha l’autorità legale di approvare tutte le transazioni per le armi da guerra, e quindi anche per le armi vecchie e nuove per la Giordania. Dopo il ‘caso’ giordano, la fabbrica Cugir dovrebbe perdere la licenza di esportazione e la Romania la sua credibilità. Vi sono suggerimenti e dicerie che la Siria fosse la destinazione finale e che le armi sarebbero finite in possesso dei ribelli islamisti. Così, è per i ribelli armati islamisti in Siria che gli Stati Uniti hanno bisogno di queste armi, qualunque ne sia la loro origine.
Nel 1989, l’esercito romeno aveva una forza di 300.000 effettivi che, in caso di mobilitazione, sarebbero stati integrati da 800.000 guardie paramilitari e giovani patrioti, tutti armati di AK-47. La  Romania oggi ha un esercito di 70.000 soldati professionisti, l’eccesso di oltre 1 milione di AK-47 è disponibile per alimentare le guerre civili degli Stati Uniti. Inoltre, la Romania, membro della NATO e dell’UE, è conosciuta come uno dei più attivi trafficanti di armi, come evidenziato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
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Perché la Croazia è stata ammessa nell’Unione europea?
Valentin Vasilescu, Réseau International, 12 luglio 2013
63364591_ukraineweaponsNon è più una novità che i ribelli islamici che combattono contro l’esercito nazionale siriano siano armati e addestrati da Stati del Golfo, Libia e Paesi occidentali. I giornalisti hanno già ripreso, durante i combattimenti, armi moderne come il fucile d’assalto statunitense M-16 dotato di telescopio usato dai cecchini islamisti del battaglioneHamza che opera ad al-Rastan (Homs). La BBC ha trasmesso l’8 ottobre 2012 un reportage sulle munizioni sequestrate dall’esercito siriano in un deposito dei ribelli in una moschea di Aleppo. Sulle scatole di cartucce che appaiono nel servizio vi sono scritto il numero 990 del lotto 1429 (lotto che conta 1,8 milioni di cartucce). Conteneva 1320-1400 proiettili da 7,62 x 39 millimetri. L’etichetta sulla confezione indica che le munizioni provenivano dall’impianto LCW di Lugansk, in Ucraina, esportate all’esercito saudita dalla società kirghisa Dastan Engineering, che ha una filiale a Kiev. Nei combattimenti che hanno avuto luogo a Daraa (al confine con la Giordania), come ad Aleppo, dei video mostrano per la prima volta ribelli siriani con armi pesanti della Croazia, membro della NATO. I modelli identificati di armi pesanti croate in possesso ai ribelli siriani sono: la versione locale modernizzata del lanciagranate francese da 90mm, LRAC-F, denominata M-79 Osa.
Inoltre:
1. cannone anticarro senza rinculo M-60 da 82mm
2. lanciagranate multiplo da 40mm RBG-6
3. lanciagranate anticarro RPG-22 da 72mm e missili antiaerei portatili
L’industria della difesa in Croazia
Tra il 1991 e il 1995, durante la guerra d’indipendenza, l’embargo imposto dalle Nazioni Unite impedì alla Croazia di acquistare tecnologia, attrezzature e armi. La Germania fu l’unico Paese di cui è dimostrata la violazione dell’embargo. Le fabbriche di armi ereditate dall’ex Jugoslavia (Metallic Promrad Adria-MarDuro Dakov, Borovo Gumitrade e HS Produkt) poterono fornire armi complesse all’esercito croato, carri armati, blindati, pezzi d’artiglieria, missili anticarro e antiaerei portatili e la gamma completa delle armi per la fanteria. Dopo aver ottenuto l’indipendenza, l’industria della difesa della Croazia è fiorita, le fabbriche di armi furono rilevate da investitori tedeschi. La Croazia ha venduto nel 2012 più di 300 milioni di dollari in armamenti a: Argentina, Austria, Svizzera, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Spagna, Polonia, Bulgaria, Italia, Arabia Saudita e Ucraina. L’Alan è l’agenzia governativa incaricata di approvare l’importazione e l’esportazione di equipaggiamenti per la difesa. È anche responsabile della supervisione della produzione di materiale per la difesa destinato all’esportazione, in conformità agli obblighi internazionali stabiliti.
Lo scenario del traffico di armi croato
Cronologicamente, l’operazione inizia il 2 novembre 2012 quando la segretaria di Stato Hillary Clinton compì una visita ufficiale a Zagabria per ringraziare la Repubblica di Croazia per il suo coinvolgimento nella ‘democratizzazione’ della Siria. Un mese dopo la visita a Zagabria, nell’aeroporto di Pleso della capitale croata, si videro grandi aerei da trasporto Il-76 appartenenti alla Giordania. Il quotidiano croato Jutarnjilist, citato dal New York Times, pubblicò alla fine di febbraio 2013 documenti e dichiarazioni dei controllori del traffico aereo croati che dimostravano che il 14, 23 dicembre 2012, 6 gennaio e 18 febbraio 2013 due aerei Iljushin Il-76MF matricola JY-JID e JY-JIC, e un Ilyushin Il-76TD matricola JY-JIA di proprietà della società giordana International Air Cargo, atterrarono a Zagabria-Pleso dove caricarono 230 tonnellate di armi per 6,5 milioni di dollari. Anche se aeroporti e autorità aeronautiche devono conservare una copia di ogni piano di volo per un certo periodo, documenti falsi (della “cioccolata” si direbbe in Romania in riferimento ai contrabbandieri di sigarette) venivano rilasciati a Zagabria sotto l’ombrellone della “sicurezza nazionale”, di solito usato per tenere segrete certe cose nella NATO e nascondere la verità sotto il tappeto. Il fatto che queste armi siano state intenzionalmente consegnate ai ribelli siriani da un membro della NATO, proprio quando stavano cercando di circondare Damasco, dimostra che sui documenti di consegna il nome del destinatario finale (l’utente finale) fu manomesso e che lo Stato interessato dovrebbe essere oggetto di sanzioni per violazione dell’embargo delle Nazioni Unite e dell’Unione europea.
In un mondo democratico, la leadership dello Stato croato, gli intermediari ed il traffico di armi principalmente opera dei capi di Arabia Saudita e Giordania, che trasporta e introduce armi di contrabbando in territorio siriano, dovrebbero attirare l’attenzione della Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità. Invece, il 1° luglio 2013, la Croazia diventava il 28° Stato membro dell’Unione europea, il che dimostra che per l’Unione europea il traffico internazionale di armi suggella l’appartenenza a questa organizzazione, come ho accennato in un precedente articolo.
Il precedente della Romania
L’operazione “Sigaretta 2″, fu l’atterraggio e il parcheggio sulla piattaforma militare dell’Aeroporto di Bucarest-Otopeni, la notte del 16 aprile 1998, di un aereo Il-76 che venne caricato di armi. Il servizio d’intelligence principale (SRI) ricevette dal Presidente della Romania il compito di organizzare una mascherata denominata ‘Sigaretta 2′, per nascondere un’operazione speciale dello Stato romeno, un semplice traffico di armi. Così, una settimana dopo che l’aereo era decollato dall’aeroporto di Otopeni, ordinò la “discesa organizzata con cura” in un deposito di Mogoshoaia (15 km dall’aeroporto), dove l’SRI “trovò” 2.250 stecche di sigarette recanti il numero di registrazione J/40/1473 e il codice SIRUES 403.011.971, ordinati alla zecca nazionale il 03.09.1996. Salvo che il 15 marzo 1998, un mese prima, la guardia di finanza scoprì a Mangalia Costanza un traffico di numerosi containers di sigarette di contrabbando, sigarette Assos, con esattamente lo stesso codice e lo stesso numero di registrazione dell’operazione ‘Sigaretta 2′. Il carico fu rilasciato dalla dogana nella zona franca di Constanta Sud Agigea, ed apparteneva a Jamal al-Atm e Yahia al-Atm, partner del colonnello dell’antiterrorismo del SRI George Dumitrescu, (identificato dalla carta d’identità Serie DM n. 365.850, quale cervello dell’operazione e direttore di una società di comodo del SRI). Dopo il sequestro, le sigarette furono consegnate, sigillate, alla Direzione generale delle dogane, con lettera n. 38336/1998 dell’Ispettorato Generale di Polizia, da dove 40 giorni dopo, agenti del SRI le rimossero e le collocarono nel deposito di Mogoshoaia, per mascherare da contrabbando di sigarette il volo dell’aereo Il-76.
Nel frattempo, l’SRI scrisse e inviò ai capiredattori di tutti i giornali un fax anonimo che scatenò lo scandalo “Sigaretta 2″. Il fax diceva che la sera del 16 aprile 1998, nella base militare di Otopeni furono scaricate 3.000 stecche di sigarette di contrabbando da un aereo Il-76. Tutta questa disinformazione del SRI fu sulla prima pagina dei giornali della Romania per un anno, la stampa romena ne fece una favola enorme, a causa degli accusati, indicati tra i principali gangster internazionali che avrebbe infiltrato in modo occulto i vertici dell’esercito e del Ministero dei Trasporti, il tutto senza alcuna prova e senza “fonti”. Inoltre, anche prima del rinvio a giudizio da parte del giudice militare, l’intera classe politica romena promise l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta, nelle cui conclusioni gli imputati apparvero aver minacciato la sicurezza nazionale. La maggior parte delle conclusioni della commissione fu copiata e riprodotta con servilismo dai pubblici ministeri che preparavano l’atto d’accusa, ma senza alcuna prova. Questa messa in scena fece pressione sulla giustizia, portando all’arresto di 18 cittadini rumeni ultra-specializzati nel settore dell’aviazione, mettendo fine alla loro carriera. La stampa in Romania non ha mai pubblicato il punto di vista degli accusati o le prove a loro difesa depositate in giudizio. E non dissero mai che la maggior parte degli imputati fu assolta e rilasciata dalla procura, e che lo Stato romeno fu costretto dai giudici e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo a pagare danni e interessi.
Valentin Vasilescu, pilota ed ex-vicecomandante della base militare di Otopeni, laurea in Scienze Militari presso l’Accademia di Studi Militari di Bucarest, nel 1992.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

7 risposte a Come gli USA armano i terroristi in Siria

  1. santiagodemurcia scrive:
    Sarebbe possibile scrivere un articolato e documentato intervento che discrediti e confuti definitivamente questo personaggio (Stefano d’Andrea) che continua ad imperversare su vari siti, svolgendo propaganda “”"islamista”"”, volendo cioè far credere ai poveri sprovveduti che, ad esempio, i Fratelli Musulmani non sono una pedina sio-yankee ?
    Inoltre chiedo di porre un’adeguata attenzione al fatto che i cosiddetti “”islamisti”" non sono SUNNITI, come più volte ed erroneamente ripetuto, ma afferiscono ad una scuola considerata da molti incompatibile con le scuole sunnite tradizionali (malikiti, shafi’iti, ecc.), soprattutto nell’interpetazione dottrinale. E’ un po’ come volere ostinarsi a considerare cattolici i calvinisti, o indù i buddhisti, per il semplice fatto che i secondi derivano dai primi (per scissione/deviazione).
    Un altro fatto da mettere in evidenza sarebbe quello che in nessuna occasione l’”"”islamismo politico”"” wahhabita (salafista e/o ikhwani, ecc.) ha mai operato se non a favore degli interessi occidentali e americo-sionisti. Non si tratta di farsi ingannare dai proclami (che per lo più servono a confondere le idee e a intorbidare le acque): bisogna vedere gli effettivi risvolti ultilitari che sono sempre discesi da OGNI azione prodotta da questi ambienti. D’altronde Jamal ‘Abd al-Nasser, che era appoggiato dalla stragrande maggioranza degli arabi – non solo, come piace dire, “laici”, ma anche musulmani “tradizionali”(il che non vuol dire “tradizionalisti”, come i wahhabiti, ma proprio il suo contrario…), oltre che dai cristiani, ecc., non si sbagliava di certo quando denunciava le collusioni fra la Fratellanza e gli USA. Quello che forse non è stato ancora fatto è un’approfondita indagine sulla totale compatibilità “ideologica” esistente fra i wahhabo-ikhwani (i protestanti dell’Islam…) e gli anglo-americani (calvinisti e quacchero-puritani…). Inoltre è facile verificare che le origini dei FM (Aghani, ‘Abduh, Rashid Rida’) conducono alla manipolazione “massonica” britannica … Il giornalista laico (e probabilmente “massone”) Seyyed Qutb divenne un esagitato “islamista” e l’ideologo più estremista dei “Fratelli” dopo aver soggiornato per qualche anno negli USA. Imprigionato in Egitto, quindi rilasciato e graziato, fu alla fine condannato a morte e giustiziato per avere promosso il terrorismo e un tentativo di assassinio di Nasser: altro che musulmani moderati !
    Chi parla dei “Fratelli” come di una corrente moderata, avallando l’immagine ipocrita che essi hanno voluto dare di sé negli ultimi anni (precisamente dopo la débâcle del tentativo di presa del potere in Algeria),lo fa per incompetenza o per qualche altro motivo ?

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