La vendetta Usa si abbatte sulla Libia
da Londra
Francesca Marretta
Gli Usa hanno regolato un conto con al Qaeda aperto da 15 anni. Nazih Abdul-Hamed Nabih al-Ruqai'i, noto col nome di battaglia di Abu Anas al-Libi, è stato catturato sabato sera scorso a Tripoli, in Libia, da un commando di forze speciali Usa. La sua testa valeva almeno 5 miloni di dollari. Al Libi, 49 anni, era un veterano di al-Qaeda, ed era ricercato per gli attentati all'ambasciata americana a Nairobi in Kenya nel 1998, in cui morirono oltre 200 persone.
L'Fbi può rimuoverne ora il nome dalla lista dei most-wanted, ma non è dato sapere se "allegerito" di qualche soldo o meno. Il figlio di al Libi ha dichiarato oggi alla televisione libica che suo padre è stato portato via da uomini con accento tripolitano. Secondo l'agenzia AP, al Libi è stato stanato fuori casa propria. L'alto esponente di al-Qaeda era tornato in patria durante la rivoluzione nel 2011. La moglie avrebbe assistito alla cattura dalla finestra, descrivendo i sequestratori come un "commando straniero".
Abu Anas al Libi "è attualmente detenuto dall'esercito americano in un luogo sicuro fuori dalla Libia", ha dichiarato il portavoce del Pentagono George Little. Fonti della Difesa americana hanno attribuito l'operazione in territorio libico alla U.S. Army Delta Force, responsabile per operazioni di contro-terrorismo in Nord-Africa.
Nelle scorse ore le forze speciali americane sono intervenute anche in territorio somalo, contro gli islamisti al-Shebaab affiliati al-Qaeda e responsabili del recente attacco al centro commerciale West Gate di Nairobi, in Kenya, che ha provocato oltre cento morti. L'esito dell'opeazione è stato però ben diverso dal "successo" libico. Secondo alcune fonti, l'operazione in Somalia è stata diretta dai Navi Seals americani - gli stessi che hanno individuato e ucciso Osama Bin Laden in Pakistan - con appoggio turco e britannico. Il raid è sfociato in uno scambio di fuoco e con la ritirata del commando Usa. Secondo il britannico The Guardian un esponente delle SAS, le forze speciali di Londra, sarebbe rimasto ucciso in battaglia.
Le operazioni Usa su territorio africano avranno inevitabilmente conseguenze, sia per la reazione dell'opinione pubblica nel continente africano, come nella regione mediorientale, sia per la difficoltà nella quale si trova ora il già debole governo di Tripoli, che ha alzato la voce chiedendo spiegazioni a Washington per il raid sul proprio territorio. Un atto dovuto. Da mesi sulla stampa USA si discute della possibilità di un intervento americano in Libia e di scambi tra Tripoli e Washington sulla faccenda.
Se ne è parlato però sopratutto in relazione alla possibilità di cattura da parte americana di colui che è stato individuato dall'Fbi come uno dei responsabili dell'assassinio dell'Ambasciatore Usa a Bengasi, Christopher Stevens, l'11 settembre del 2011. A maggio scorso l'Fbi ha diffuso immagini di tre esponenti del gruppo islamista Ansar al Sharia ritenuti responsabili della morte di Stevens. Il leader del commando responsabile per la morte dell'Ambasciatore Usa, Ahmed Abu Khattala, ha rilasciato interviste alla stampa americana e vive indisturbato a Bengasi. La stampa Usa ha ripetutamente riferito del "no" di Tripoli all'uso di droni e di interventi diretti sul proprio suolo.
Obama aveva ed ha ancora risposte da dare al Congresso USA sulla vicenda Steven. Per ora porta a casa la cattura di al-Libi. Ma a Washington, come nelle cancellerie europee, il rompicapo è oggi quali saranno i contraccolpi della nuova azione extraterritoriale Usa.
Francesca Marretta
Gli Usa hanno regolato un conto con al Qaeda aperto da 15 anni. Nazih Abdul-Hamed Nabih al-Ruqai'i, noto col nome di battaglia di Abu Anas al-Libi, è stato catturato sabato sera scorso a Tripoli, in Libia, da un commando di forze speciali Usa. La sua testa valeva almeno 5 miloni di dollari. Al Libi, 49 anni, era un veterano di al-Qaeda, ed era ricercato per gli attentati all'ambasciata americana a Nairobi in Kenya nel 1998, in cui morirono oltre 200 persone.
L'Fbi può rimuoverne ora il nome dalla lista dei most-wanted, ma non è dato sapere se "allegerito" di qualche soldo o meno. Il figlio di al Libi ha dichiarato oggi alla televisione libica che suo padre è stato portato via da uomini con accento tripolitano. Secondo l'agenzia AP, al Libi è stato stanato fuori casa propria. L'alto esponente di al-Qaeda era tornato in patria durante la rivoluzione nel 2011. La moglie avrebbe assistito alla cattura dalla finestra, descrivendo i sequestratori come un "commando straniero".
Abu Anas al Libi "è attualmente detenuto dall'esercito americano in un luogo sicuro fuori dalla Libia", ha dichiarato il portavoce del Pentagono George Little. Fonti della Difesa americana hanno attribuito l'operazione in territorio libico alla U.S. Army Delta Force, responsabile per operazioni di contro-terrorismo in Nord-Africa.
Nelle scorse ore le forze speciali americane sono intervenute anche in territorio somalo, contro gli islamisti al-Shebaab affiliati al-Qaeda e responsabili del recente attacco al centro commerciale West Gate di Nairobi, in Kenya, che ha provocato oltre cento morti. L'esito dell'opeazione è stato però ben diverso dal "successo" libico. Secondo alcune fonti, l'operazione in Somalia è stata diretta dai Navi Seals americani - gli stessi che hanno individuato e ucciso Osama Bin Laden in Pakistan - con appoggio turco e britannico. Il raid è sfociato in uno scambio di fuoco e con la ritirata del commando Usa. Secondo il britannico The Guardian un esponente delle SAS, le forze speciali di Londra, sarebbe rimasto ucciso in battaglia.
Le operazioni Usa su territorio africano avranno inevitabilmente conseguenze, sia per la reazione dell'opinione pubblica nel continente africano, come nella regione mediorientale, sia per la difficoltà nella quale si trova ora il già debole governo di Tripoli, che ha alzato la voce chiedendo spiegazioni a Washington per il raid sul proprio territorio. Un atto dovuto. Da mesi sulla stampa USA si discute della possibilità di un intervento americano in Libia e di scambi tra Tripoli e Washington sulla faccenda.
Se ne è parlato però sopratutto in relazione alla possibilità di cattura da parte americana di colui che è stato individuato dall'Fbi come uno dei responsabili dell'assassinio dell'Ambasciatore Usa a Bengasi, Christopher Stevens, l'11 settembre del 2011. A maggio scorso l'Fbi ha diffuso immagini di tre esponenti del gruppo islamista Ansar al Sharia ritenuti responsabili della morte di Stevens. Il leader del commando responsabile per la morte dell'Ambasciatore Usa, Ahmed Abu Khattala, ha rilasciato interviste alla stampa americana e vive indisturbato a Bengasi. La stampa Usa ha ripetutamente riferito del "no" di Tripoli all'uso di droni e di interventi diretti sul proprio suolo.
Obama aveva ed ha ancora risposte da dare al Congresso USA sulla vicenda Steven. Per ora porta a casa la cattura di al-Libi. Ma a Washington, come nelle cancellerie europee, il rompicapo è oggi quali saranno i contraccolpi della nuova azione extraterritoriale Usa.
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