Litfiba e Piero Pelù: esoterismo o provocazioni?
I Litfiba, dall’alto di una carriera ormai più che trentennale, sono uno dei gruppi rock di maggior successo in Italia. Dopo l’uscita del loro brano El Diablo nel 1990, ci fu chi li accusò di fare propaganda per il demonio, ma i fans hanno sempre considerato ridicole queste imputazioni, ritenendo che certe canzoni o certi atteggiamenti fossero semplicemente delle provocazioni. Gli stessi membri del resto hanno avuto spesso un comportamento un po’ ambiguo: da un lato hanno sempre negato le accuse di satanismo, ma allo stesso tempo però hanno più volte lanciato pesanti invettive anticlericali. Ma dove sta la verità? È sufficiente una semplice canzone per etichettare come satanista un gruppo rock? È possibile che ci sia un fondo di verità in certe critiche o si tratta di forzature? Per evitare di dare risposte affrettate e verificare in maniera oggettiva la questione abbiamo cercato di andare un po’ più a fondo, analizzando diversi aspetti della loro lunga storia, per capire se queste provocazioni derivassero semplicemente da un marcato anticlericalismo o se in realtà ci fosse sul serio qualcosa più nascosto.
l Gli inizi: Piero Pelù e l‘esoterismo
La musica dei Litfiba dei primi anni può essere ricondotta al filone dark e new wave in voga in Inghilterra tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80, assi diversa cioè da quel rock energico che negli anni ’90 consentì loro di scalare le classifiche nazionali. La prima formazione vedeva Ghigo Renzulli alla chitarra, Piero Pelù alla voce, Gianni Maroccolo al basso, Antonio Aiazzi alle tastiere eFrancesco Calamai alla batteria (sostituito prima da Renzo Franchi e poi da Ringo De Palma). Un ulteriore chitarrista, Sandro Dotta, abbandonò dopo poche settimane 1. L’esordio ufficiale sul palco si tenne l’8 dicembre 1980 alla Rokkoteca Brighton di Settignano, nei pressi di Firenze. In quell’occasione venne eseguito il primo pezzo interamente scritto da loro, intitolato A Satana. Il brano, che non venne inserito nei successivi album di studio, al di là del titolo e di qualche frase un po’ ambigua, era in realtà un pezzo contro la guerra. Tra il 1982 e il 1985 vennero pubblicate diverse tracce su vinile (alcuni EP e 45 giri, nonché un LP con le musiche per uno spettacolo teatrale, Eneide di Kripton), ma il primo vero e proprio album di canzoni uscì nel 1985, con il titolo di Desaparecido(IRA, 1985).
Riguardo a questo primo periodo sono assai significativi alcuni passi della biografia A denti stretti. La vera storia dei Litfiba (Giunti, 2000) 2, scritta dal giornalista musicale Federico Guglielmi, redattore del Mucchio Selvaggio e conduttore radiofonico per la RAI, fin dagli inizi molto amico del gruppo. Da questo testo riportiamo la testimonianza di Bruno Casini, manager della band fino al 1985: «Mi ricordo in particolare una breve esibizione al Casablanca, nel Carnevale del 1982, nell’ambito di un party battezzato “Mephisto Festa”. Mentre gli altri quattro suonavano, Piero uscì da una bara che era stata portata sul palco tra la gente seduta, attaccando After Death. Aveva la faccia truccata, tutta bianca… La gente rimase sconvolta, anche perché la bara era inequivocabilmente vera: la leggenda vuole che Piero, che non nascondeva la sua attrazione per l‘esoterismo, la magia e argomenti affini, la conservasse in cantina a mo’ di feticcio» (pag. 13).
Federico Guglielmi | Bruno Casini |
Ora, che Pelù tenesse sul serio o no una bara in cantina, poco ci interessa. Quello che è più utile ai fini della nostra ricerca è il suo interesse per l’occulto, come confermato anche da questa intervista del dicembre 1984, rilasciata da Pelù sempre a Bruno Casini, sulla rivista Westuff3:
- Bruno Casini: «Sei molto attratto dall‘occulto, dall‘oscuro, dal demoniaco, le prime uscite dei Litfiba avevano in te questa immagine, e adesso»?
- Piero Pelù: «All’inizio traspariva questa mia versatilità in maniera molto estetica (trucco, abbigliamento), adesso è meno estetica ma più interiore, più radicata».
Ma non è tutto. Ecco quanto riferisce lo stesso Piero Pelù nella sua biografia, scritta con la collaborazione del giornalista Massimo Cotto, intitolata Perfetto difettoso (Mondadori 2000): «Un altro giornalista, Federico Guglielmi, ci sostenne invece agli esordi per abbandonarci poi a metà strada, una volta raggiunto un successo più ampio. Voglio molto bene a Federico, anche se mi fa incazzare quando l’entusiasmo gli fa perdere l’anima giornalistica e lo trasforma in un fan. A un certo punto, si è sentito tradito dai Litfiba, che considerava una cosa sua, forse per averci molto innalzato agli inizi. Ricordo notti lunghe e profonde a parlare con lui di magia» (pagg. 88-89). Nello stesso libro Pelù non nasconde nemmeno il suo interesse nei confronti di riti magici e maledizioni di origine esotica: «Nel febbraio del 1996 decollai verso il Brasile. Volevo rivivere il ritmo, attraversare il ponte tra l’Africa Occidentale e il Nordest, vedere il Carnevale di Salvador de Bahia, conoscere i riti del candomblè. E anche incontrare Pierre “Fatumbi” Verger, un grandissimo fotografo di origine francese, autore di libri spettacolari sulla macumba che continuava a vivere in una casa poverissima di Bahia per non perdere il contatto con la realtà che aveva fotografato per anni. Il giorno prima di incontrarlo, lessi sul giornale che era morto. Aveva più di ottant’anni ed era molto malato. Mi consolai pensando ai libri su di lui regalatimi da Eva, la mia amica svizzera, in cui erano documentati i riti non soltanto del Brasile nordestino, ma anche del Benin e di tutta l’Africa occidentale, evidenziandone la continuità e le comunanze» 4.
l La passione per i teschi e la de-sacralizzazione dei simboli cristiani
Una delle caratteristiche ricorrenti nelle immagini del gruppo è la presenza di oggetti e simboli legati alla religione cattolica. Il primo esempio risale alla copertina dell’EP Transea (IRA, 1986), in cui Pelù è fotografato adorno di rosari e con in mano un’immaginetta della Madonna con Gesù Bambino. Si può pensare quindi ad una qualche devozione particolare di Pelù? Decisamente no, come ammesso dallo stesso cantante: «Mi esalta ancora la copertina, che mi ritrae come uno degli alfieri del dark. Avevo conosciuto un anziano conte, a Pescara, nel cui negozio svendeva tutti i beni di famiglia, tra cui una meravigliosa collezione di croci e di rosari. Li avevo comprati tutti e piazzati in camera mia. Da lì nacque l’idea della copertina» 5. E in un’altra occasione, ancora più esplicitamente: «La religione è entrata prepotentemente nelle nostre esistenze fin dalla nascita, visto che viviamo in un Paese cattolico, credente o papalino che dir si voglia. Quindi la nostra formazione è quella di battesimo-catechismo-comunione-cresima, naturalmente con un’aura di moralismo che ha sempre cercato di condizionare le scelte di noi ragazzini e dove si è comunque assolvibili da ogni peccato con dieci Pater Noster e tre Ave Maria. C’è dunque in noi un po’ di questo costume obbligato, tipico soprattutto dei Paesi latini, dove la religione è fede per chi non ha un c…zo nella vita; però al tempo stesso arriva a estremi di irrazionalità che sfociano nel pagano, e quindi possiede un certo fascino. Nell’idea di riempirsi di croci dappertutto c’era comunque il desiderio di ironizzare sul dark, tendenza della quale anche noi, a ragione o a torto, eravamo considerati esponenti» 6.
Così Piero Pelù, nel febbraio del 1991. Anche Guglielmi al riguardo precisa: «Per Piero i simboli religiosi non sono un interesse superficiale. Quando abitava da solo in un appartamento attiguo a quello dei genitori, la scrivania in un angolo della sua stanza da letto era ingombra di oggetti sacri e reliquie, a suo dire procuratigli da un non precisato amico “che girava per chiese e cimiteri“; conservava inoltre varie ossa, forse persino un teschio, e aveva battezzato le altre due camere “la sala rossa” e “la sala azzurra”, dal colore delle lampadine che le illuminavano. Un’attrazione feticista, se non un’ossessione, ripresa anche nella copertina di 17 Re, raffigurante un cuore trafitto da una corona di spine» 7. Ma la passione per i teschi in realtà risale a quando Pelù era ancora un ragazzino ed è rimasta intatta nel corso degli anni 8. La rappresentazione di ossa, scheletri e teschi sarà infatti una caratteristica costante nella carriera dei Litfiba. Va anche aggiunto che Pelù non ha mai fatto mistero di avere un’attrazione particolare per la ricorrenza messicana dei morti (Día de los Muertos), una festa che ha avuto origine da culti pre-cristiani e che in seguito è diventata uno di quegli eventi caratteristici che mescolano religiosità e folkore.
I Litfiba in concerto: notare il teschio sullo sfondo. |
Piero Pelù e la sua passione per i teschi. Al centro, l’EP Cangaceiro (radio version) /Paname /Cangaceiro (live) (CGD, 1989),
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Le cover dei CD singoli promozionali Maudit (CGD,1993) e Sotto il vulcano (CGD, 1993), l’albumGrande Nazione (2012).
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A questo punto verrebbe come minimo da obbiettare che, detto da uno che ha la fissazione per i teschi e le ossa dei morti (e addirittura li colleziona), ci vuole un bel coraggio a dare del pagano ai cristiani… Tornando alla simbologia cristiana, nella copertina di 17 Re (IRA, 1987), il secondo album del gruppo, viene invece raffigurato un cuore coronato di spine. L’idea si deve ad Alberto Pirelli, produttore artistico e fondatore dell’IRA, l’etichetta che pubblicherà i lavori dei Litfiba fino al 1988: «Sono responsabile della copertina di 17 Re, non solo a livello di idea, ma anche di attuazione. Mi ero orientato sul cuore per via dell’assonanza 17 Re-Cristo Re e cercavo qualcuno che realizzasse quel che avevo in mente, cioè un’immagine di tipo pittorico. Visto che mi riusciva difficile spiegare cosa volessi con le parole, pensai ad un esempio pratico: ho preso una foto apparsa sull’Espresso e ho sciolto con la trielina tutto ciò che non mi serviva. Alla fine il mio modello risultava sempre più convincente di ogni tentativo di imitarlo, e così l’ho utilizzato» 9.
La spiegazione di Pelù completa il quadro: «Fu di Pirelli l’idea della copertina di 17 Re e di farne un disco doppio, con diciassette canzoni, l’ultima, proprio quella che dava il titolo all’intero lavoro, non fu, tuttavia, mai pubblicata. Il titolo derivava dall’interesse che avevo da poco sviluppato per i Tarocchi, il simbolismo, l‘esoterismo. Non fu necessario aspettare molto prima di doverci pentire per aver utilizzato il numero 17 in un nostro lavoro. Io sono stato sempre molto attento al succedersi degli eventi correlati ai numeri, al loro intervento nella vita reale, al ritmo delle coincidenze. Se presti la giusta attenzione, con un minimo di disciplina puoi arrivare a evitare che accadano cose negative. Puoi chiamare ciò cabalismo di serie C, una superstizione targata Pelù, ma i fatti sono fatti, anche se l’interpretazione varia da una persona all’altra. Il tour di 17 Re venne funestato da eventi tristi che, tuttavia, sarebbero potuti essere ancora più tragici. Ecco perché ritengo che il numero 17 non porti sfiga, ma sia semplicemente foriero di novità sconvolgenti, di eventi scioccanti» 10. Questo simbolo e le sue varianti ricompariranno in diversi lavori, ad esempio nella copertina del 45 giri Paname (IRA France, 1987), destinato al mercato francese, e in quella della raccolta Sogno ribelle (CGD, 1992).
Paname | Sogno ribelle |
Anche nel video di Sotto il Vulcano (1993) vi sono diverse scene in cui compare il cuore (dipinto su di una croce bianca e in alcune immagini appese alle pareti). Ma qual è il vero significato di questo simbolo? Per la religione cattolica il cuore coronato di spine rappresenta il Sacro Cuore di Gesù e i cuori con la scritta «GR» sono degli ex voto simili a quelli che vengono offerti dopo aver ricevuto una grazia («GR» infatti sta per «grazia ricevuta»). La devozione al Sacro Cuore di Gesù trae origine da un episodio accaduto a Santa Margherita Maria Alacoque il 13 ottobre 1687, quando Gesù Cristo le apparve e si rivolse a lei con queste parole: «Io ti prometto, nell’eccesso della misericordia del mio Cuore, che il mio amore onnipotente concederà a tutti quelli che si comunicheranno il primo venerdì del mese, per nove mesi consecutivi, la grazia della penitenza finale; essi non morranno nella mia disgrazia, né senza ricevere i loro sacramenti, facendosi il mio Cuore loro asilo sicuro in quell’ultimo momento». Il solenne impegno di Gesù Cristo è di non permettere che chiunque faccia la comunione nel primo venerdì del mese, per nove mesi consecutivi, muoia in uno stato di peccato mortale (garantendogli così la possibilità della salvezza eterna). È assai improbabile però che i Litfiba siano stati così devoti al Sacro Cuore di Gesù da volerlo mettere nei loro dischi. E allora qual è lo scopo di questo uso? Con ogni probabilità l’utilizzo di immagini sacre al di fuori di un adeguato e rispettoso contesto ha invece la funzione di de-sacralizzarle e quindi di farne dimenticare il significato originario. Questa ipotesi infatti è sostenuta proprio da Guglielmi: «Insomma, al cospetto di 17 Re persino un gioiello come Desaparecido sembra perdere brillantezza, dimostrando che “evoluzione” è un termine tutt’altro che astratto; i Litfiba continuano a narrare i sentimenti più puri, a condannare le guerre e le ingiustizie (vedi Vendette o Ferito), a smitizzare – senza per questo offenderla – la religione, ispirati dall’arte italiana della poesia e quella anglosassone del rock» 11. Sul fatto che in questa maniera la religione non venga offesa, è doverosa una puntualizzazione: è vero che non siamo di fronte a immagini esplicitamente blasfeme come quelle di certi dischi heavy metal, ma in ogni caso crediamo che la banalizzazione del sacro sia comunque una mancanza di rispetto. Comunque, questa tendenza subirà una svolta nella seconda metà degli anni ’90 quando, con l’uscita di Spirito (1995, EMI), i Litifba passeranno invece ad un altro simbolo, il «cornucuore», realizzato da Pelù con il grafico Fabio Galavotti.
l Dio, il diavolo e le maledizioni
Il legame con l’esoterismo traspare anche in vari testi dei Litfiba. Il già citato doppio LP 17 Re da questo punto di vista rappresenta un riferimento importante. Ad esempio, nel brano Ballata si comincia a parlare di «vendere l‘anima».
Ballata
(Litfiba)
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Sole, silenzio, fiato
Come questa Terra senza profondità Ti porta dentro il respiro E ti senti ancora più, sempre più piccolo! Venderò l’ anima Colorando il nero dell’orizzonte Venderò l’anima Sto morendo, morendo di solitudine Venderò l’anima Forse questo è un sogno, forse un mare Dove perdersi per ritrovare Le ali del cielo Ali del cielo! Venderò l’anima Ridono di me! Ridono di me! Delle mie ali, ali di cera Ridono di me! Delle mie ali, ali di cera Delle mie ali, ali di cera Delle mie ali, ali di cera Delle mie ali, ali di cera. |
Certamente si potrebbe obiettare che la frase «venderò l’anima» può essere stata messa solo come espressione metaforica. Ma ci sono altri spunti interessanti in questo disco. Ad esempio, ecco quanto afferma Pelù in merito ad altri due brani: «In due canzoni di “17 Re”, parlo di Dio e delle sue amnesie, o meglio, delle storture della Chiesa nel diffondere il messaggio evangelico. Due attacchi alla gestione della Chiesa e non, come è stato scritto, alla religione. Il primo è contenuto in “Vendette”» 12.
(Precisiamo che le parole segnate in grassetto nel testo dei due brani non sono una nostra interpretazione, bensì quelle espressamente indicate da Pelù).
Vendette
(Litfiba)
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Notte
Lampi Scivolando dai capelli Giorno Lampi Respirare tra le dita E il fuoco che taglia, che taglia Fantocci di sabbia Fuoco Di cera Sento dentro, sento fuori Che grida la gente, la gente è aria Vedrò. lo so, 100.000 altre vendette Del Sangre Ahi! Ahiahiahi! Ahi, non puede tene el ritmo! Ahi! Ahiahiahi! Ahi, non puede tene el ritmo! Ahi! Ahiahiahi! Ho conosciuto Dio Che giocava con il cielo Dimenticando l’aria, il fuoco ed il giorno E tu sai, io so, Lo so che Non era ubriaco Tu sai, io so 100.000 altre vendette io vedrò Del Sangre Ahi! Ahiahiahi! Ahi, non puede tene el ritmo! Ahi! Ahiahiahi! Ahi, non puede tene el ritmo! Ahi! Ahiahiahi! Ahi, non puede tene el ritmo! |
«Il secondo attacco è in “Come un Dio”» 13:
Come un Dio
(Litfiba)
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Io sono come Dio
E potrei rapirvi il cuore per un attimo In non ho mai incontrato Dio Ma conosco un’altra verità Trallallerollà Io sono come Dio e gli uomini li rifarei come ora Occhi per non vedere, bocche per non parlare Meglio così Trallallerolà, Trallallerolerollà L’energia corre via, L’energia si trasformerà L’energia corre via, L’energia si trasformerà L’energia corre via, L’ energia si trasformerà Io e pazzo come… come Dio Vi farei morire di paura Promettendo l’inferno la metà Promettendo l’inferno la pietà Io sono come Dio e gli uomini li rifarei come ora. Trallallerolà, Trallallerolerollà Energia corri via L’energia si trasformerà L’energia corre via, L’ energia si trasformerà L’energia corre via, L’energia si trasformerà L’energia corre via, L’energia si trasformerà La la lalla Trallallerollà, la la lalla Trallallerollà, la la lalla Trallallerollà, la la lalla, la la lalla. |
Ancora più interessante è andare a vedere la canzone che avrebbe ispirato il titolo di questo doppio LP, ma che alla fine fu tagliata perché musicalmente poco convincente. Il testo venne stampato ugualmente all’interno della copertina:
17 Re
(Litfiba)
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Diciassette re chiusi in un quadro
dove la luce genera mostri Lo scettro una spada che vuole sangue per conquistare La corona un imbuto di colore un solo colore Diciassette re chiusi in un quadro Fanno la guardia al sacro sepolcro ed a un mito di cenere Diciassette re vogliono sangue per conquistare Un potere un denaro un tutto E potere sarà il denaro sarà per tutti Chi non avrà chi ha già avrà di più sempre di più Diciassette re Dio salvali Diciassette re Dio salvami O ci uccideremo anche per l’ultima pietra. |
Ovvio che quando si parla di Sacro Sepolcro non si può far riferimento a nient’altro che al luogo dove, dopo la crocifissione, venne deposto Gesù Cristo, che qui viene definito un «mito di cenere». Si può forse considerare anche questa una semplice metafora? Nel 1990 esce l’album El Diablo (CGD), che segna una svolta fondamentale nella storia del gruppo. La formazione nel frattempo ha subito degli avvicendamenti: al basso ora vi èRoberto Terzani e alla batteria troviamo Daniele Trambusti, che ha sostituito De Palma, morto per overdose. In aggiunta arriveranno il percussionista Candelo Cabezas e il chitarrista Federico Poggipollini. Per la prima volta i brani non sono più una composizione dell’intero gruppo ma vengono scritti quasi sempre dai soli Pelù e Renzulli, che di fatto abbandonano definitivamente il dark e la new wave per approdare ad un rock più duro, come già si era intuito nel precedente live rielaborato in studio Pirata (CGD, 1990). La copertina è costituita dalla foto un sedere femminile con un tatuaggio che riprende gli elementi classici dell’iconografia demoniaca (il serpente, le corna, il tridente).
A sinistra. i Litfiba nel 1990; a destra, la copertina di El Diablo.
Questo disco e i tre successivi costituiscono quella che successivamente verrà definita la «tetralogia degli elementi». Ogni disco cioè verrà associato ad uno dei quattro elementi base della dottrina alchemica: Fuoco (El Diablo, 1990), Terra (Terremoto, 1993), Aria (Spirito, 1995), Acqua (Mondi Sommersi, 1997). Al riguardo va però riconosciuto che si tratta di cose arcinote e che non occorre essere degli iniziati per sapere quali siano i quattro elementi ritenuti fondamentali in natura. La title track diventa subito il cavallo di battaglia del gruppo. Ufficialmente il pezzo sarebbe stato una sorta di risposta ironica a quanti demonizzavano il rock. Qualche tempo prima infatti vi era stata una polemica inerente l’arrivo dei Rolling Stones in Italia. Alcuni parlamentari, tra cui l’ex calciatore Gianni Rivera, all’epoca deputato nelle file della Democrazia Cristiana, avevano infatti promosso un’interrogazione parlamentare sull’opportunità di ospitare in Italia i concerti dello storico gruppo inglese, visto che in quel periodo era in discussione una legge che vietava la propaganda a favore della droga. Riportiamo di seguito anche la spiegazione di Pelù: «Il primo a nascere, quasi di getto, fu proprio il brano che dà il titolo all’album. Un rock and roll di forte impatto, con un testo incisivo che ruota attorno ad un concetto importante: il presunto satanismo nel rock. Un’assurdità, una baggianata che però, in quegli anni, trovava ancora credito grazie soprattutto ad alcuno telepredicatori folli e disonesti o a libri ridicoli come quello di monsignor Balducci. Non era certo una novità, altri generi musicali – come il jazz, il blues, il tango – avevano conosciuto, in passato, le stesse accuse deliranti. Faceva comunque effetto, negli anni Novanta, ascoltare sciocchezze del tipo: “Se fai girare questa canzone al contrario, ascolterai parole inneggianti a Satana o addirittura Satana stesso che parla». A questo tema, se ne intrecciava un altro, molto biografico: essere considerati diversi dal mondo che ti circonda: “Giro di notte con le anime perse/ della famiglia io sono il ribelle”. Io ero “el diablo”, in un universo di santi o di presunti tali. Ed ero il ribelle, la pecora nera in un gregge normale: la mia famiglia»14. Il libro di Monsignor Corrado Balducci (1923-2008) a cui si riferisce Pelù è Adoratori del diavolo e rock satanico (Piemme, 1991). Questo volume onestamente conteneva diverse imprecisioni, ed effettivamente presentava anche qualche forzatura. Purtroppo queste pecche alla fine minavano la credibilità anche delle molte cose vere che affermava. Ma il tema che affrontava non è per nulla campato per aria: riguardo all’influenza del satanismo nella musica rock e all’effettiva presenza di messaggi subliminali, ci sarebbe veramente da sbizzarrirsi per chi volesse affrontare l’argomento in maniera seria e priva di pregiudizi 15. Comunque, come avviene spesso in questi casi, l’effetto delle critiche rivolte ai Litfiba fu un’enorme grancassa pubblicitaria, che spinse le vendite dell’album a livelli fino ad allora neppure sognati dal gruppo fiorentino (ben 400.000 copie in un anno e mezzo!).
El Diablo
(P. Pelù, F. Renzulli)
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Giro di notte con le anime perse
Sì della famiglia io sono il ribelle Tu vendimi l’anima e ti mando alle stelle E il paradiso è un’astuta bugia Tutta la vita è una grassa bugia Sì! La vita dura è una gran fregatura, sì sì Ma a volte uno strappo è una necessità A chi va bene, a me va male E sono un animale e sia! Tutta la storia è una grassa bugia Tutte le vite per primo la mia Ah, mama mia el Diablo Ah, Ariba ariba el Diablo Ah, mama mia el Diablo 6-6-6 Spara al serpente della prima mela – eh, el Diablo Che ruba la forza a chi lo condannò – eh, el Diablo Ed io con la musica gli cambio la pelle – eh, el Diablo Ma il paradiso è un’ astuta bugia Tutte le vite per primo la mia Ah, mama mia el Diablo Ah, ariba ariba el Diablo Ah, mamamamamama mia el Diablo Ah, sua santità el Diablo! 6-6-6 6-6-6. |
Anche volendo considerarla solo come una provocazione, certe stoccate sono piuttosto eloquenti: «Il paradiso è un’astuta bugia» o «Sua santità el diablo». Non si può certo pretendere che versi del genere facciano piacere ai credenti. Negli ultimi tempi, per dileggiare ulteriormente la Chiesa, durante l’esecuzione dal vivo di questa canzone, Pelù al posto di «6-6-6», il numero del diavolo, urla «Ra-tzin-ger»! e successivamente sventola una bandiera della Città del Vaticano.
Al brano seguì un video ambientato in Camargue, precisamente in un’arena «come luogo di battaglia tra il bene, rappresentato dal torero, e il male, ovvero il toro. Positività e negatività che si scambiano i ruoli» 16. A dire il vero lo scambio di ruoli tra il bene e il male sarebbe proprio lo scopo del diavolo: far apparire buono e desiderabile ciò che invece non lo è per niente e far sembrare cattivo ciò che è buono. Alla fine, in un’altra ambientazione, appare anche Renzulli che sorridendo afferma: «Il diavolo è il diavolo per chi ci crede. Io sinceramente non ci credo tanto. Confesso». A nostro avviso va riconosciuta ai Litifba una buona dose di astuzia. Riguardo alle accuse di satanismo essi sono sempre rimasti a metà strada tra il dire e non dire, e anzi, più di una volta ci hanno scherzato su. Intanto si lancia il sasso, poi si ritrae la mano. Si inneggia al diavolo, ma poi si rassicura l’ascoltatore dicendo che in realtà non ci si crede. In effetti non va dimenticato che in un Paese di antica tradizione cattolica come l’Italia, seppure in fase di rapida secolarizzazione, un atteggiamento alla Marilyn Manson avrebbe allontanato molti fans e avrebbe avuto sicuramente una qualche ripercussione sulle vendite. Tirare la corda va bene, ma senza esagerare, meglio usare l’ironia per non spaventare troppo le platee. Ma quel periodo per i Litfiba non fu solo rose e fiori: l’album, infatti, venne funestato da almeno due tragici eventi. Durante una delle fasi di scrittura vi fu la morte per overdose del batterista Ringo De Palma, a cui venne poi dedicata la ballata Il volo. E anche il tour ebbe un episodio drammatico: «Solo l’ultima data, a Gallarate, fu tragica. Ancora oggi non ho capito il ruolo del questore. A concerto inoltrato, eravamo già nella seconda parte, ci dissero che molti ragazzi volevano entrare senza biglietto. Siccome la maggior parte proveniva dai centri sociali, dissi che per me andava bene, che potevano tranquillamente aprire i cancelli. Non li aprirono, anzi fu ordinata una carica della polizia contro i ragazzi. Durante la fuga generale verso la ferrovia, due giovani finirono sotto un treno. Uno di loro, morì. L’altro, che andai a trovare subito in ospedale, non ricordava nulla. Il mattino dopo, i soliti quotidiani di merda, intitolarono: “Morte a un concerto rock”. Sembrava quasi che per vedere e sentire il rock fosse necessario stipulare prima una polizza sulla vita. Se a questo si aggiunge che il tour si intitolava “EL DIABLO”…» 17. Quanto accaduto non sarà stato sicuramente colpa dei Litfiba. Ma allora, più che il numero 17, forse è il diavolo a portar male… Nel 1999 avviene la clamorosa separazione di Pelù dai Litfiba. Il cantante intraprende la carriera solista, mentre Ghigo Renzulli rifonda il gruppo ingaggiando Gianluigi Cavallo, detto Cabo, come voce solista, Gianluca Venier al basso e Ugo Nativi alla batteria. Il nuovo disco, Elettromacumba 18 (EMI) esce nel 2000, ma nonostante il nuovo corso le tendenze esoteriche non solo non spariranno, ma anzi, saranno più esplicite. Anche se la macumba è un tipo di maleficio 19 praticato in Brasile, ma originario dell’Africa, in realtà nella canzone le maledizioni vanno intese in senso figurato. Nel brano omonimo infatti si parla del potere esercitato sugli individui da parte di chi controlla le nuove tecnologie («il nuovo cyber re/ sorveglierà/ ogni tua connessione/ Non ti fidare mai/ cliccando dici chi sei/ forse non sai/ che te sei nel suo file […] Ti ascolterà /un’entità virtuale /registrerà /la tua confessione /ti pentirai /persino del cyber sex/ ti assolverà/ l’elettrotrinità»).
A sinistra: Gianluigi Cavallo, detto Cabo, inisieme a Renzulli; a destra: la cover di Elettromacumba.
Ma colpisce senz’altro di più un brano come Il patto, in cui il protagonista chiede ad una zingara di stipulare il patto col diavolo, anche se alla fine si spaventa e ritrae la mano. E come in precedenza, anche qui i Litfiba ci scherzano su, visto durante le esibizioni dal vivo Cabo Cavallo invece del testo originale «Dimmi tu, zingara se anche/ Hendrix ti ha venduto/ la sua anima» a volte cambiava i versi e cantava «Dimmi tu, zingara se anche/Ghigo ti ha venduto/ la sua anima» 20.
Il Patto
(G. Cavallo, F. Renzulli)
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Dimmi tu, zingara
il destino, che mi abbraccerà dimmi un po’, se lo sai se avrò fortuna, soldi o forse solo guai Dimmi tu, zingara dove si trova l’autostrada, per la libertà leggi qui e dimmi se se stringo il patto, sarà, molto più facile. Dannato o no, non importa no tu dimmi cosa c’è da fare, che io lo farò dimmi poi, zingara, quanto tempo mi rimane, prima dell’aldilà. Non dubitare no no, non c’è pericolo e vuoi firmare oppure no, tu devi dirmelo Dimmi si o no il gioco è sul tavolo dimmi si o no e io di gloria ti ricoprirò Dimmi tu, zingara se anche Hendrix ti ha venduto, la sua anima io lo so, che firmerò il mio patto di sangue, con Lucifero io non ho no no, paura no no no ti sto chiedendo se nel cuore, io poi cambierò e allora dai, ti sbrighi o no dai che la sotto c’è una festa ed io non mancherò Ma sei sicuro oppure no no che non scherzo no e vuoi firmare oppure no, tu devi dirmelo Dimmi di sì o no il gioco è sul tavolo dimmi sì o no e di gloria ti ricoprirò …Omississ … Io non ho paura … Io non ho paura… …Omississ … Decidere, decidere, decidere… Ora la zingara con fare deciso, mi prende la mano facendo un sorriso ti pungerò un dito ed uscirà il sangue così firmerai per essere grande all’improvviso comincio a tremare ritraggo la mano e mi metto a pensare furiosa la zingara con fare da attrice si alza di scatto e urlando mi dice Dimmi si o no, Dimmi si o no Dimmi si o no, Dimmi di, Dimmi no Il patto con il Diavolo. |
Il disco successivo, Insidia esce nel 2001. Al riguardo è utile leggere un estratto dall’articolo di Luca Dondoni pubblicato su La Stampa del 17 ottobre 2001, intitolato «Esoterismo e magia per l’ultimo dei Litifiba»: «Per illustrare il CD, infatti, gli artisti hanno scelto un inquietante primissimo piano di un verrino (il gatto pescatore) sul quale si intravede il quadrato magico a base cinque a disposizione obliqua. Contiene numeri da 1 a 25 la cui somma, o computo magico, in ogni direzione (orizzontale, verticale o obliqua) dà 65. Sommando a loro volta le cifre 6 e 5 si ottiene l’11 e guarda caso “Insidia” è l’11° disco della band. Ma non è finita. Anche sulla foto di retro copertina i ragazzi hanno voluto il cosiddetto “Quadrato Rotas”. Anche qui le lettere che compongono la parola “apaternoster” si possono leggere in ogni direzione e anche a questo quadrato la cui invenzione si perde nella notte dei tempi sono stati dati significati magici e poteri benefici. Voglia di scaramanzia? No – dicono i rockers – semplicemente il desiderio di andare oltre e di capire. Noi siamo sempre stati degli outsiders, dei non allineati, e con il nostro modo di fare musica e di scrivere i testi abbiamo creato una linea personale».
Vale la pena di far notare anche un ulteriore particolare. Nei video tratti da tre pezzi di questo album, Mr Hide, Larasong e La stanza dell’oro, Ghigo Renzulli indossa una giacca con un simboletto circolare posto sulla parte destra del petto.
Si tratta di un simbolo derivante dalla tradizione shintoista, il tomoe. Lo shintoismo è una religione praticata in Giappone e in essai il tomoe sta a rappresentare la triplicità dell’energia cosmica. Ma in tutt’altro contesto, come può essere quello occidentale, tale segno è stato utilizzato come raffigurazione del numero del demonio, visto che richiama la forma tre 6, cioè il 666. La cosa non deve sorprendere. Non va dimenticato ad esempio, che anche la svastica, da noi inevitabilmente associata al nazismo, per alcune culture orientali invece assume altri significati in ambito religioso. Quello che è innocuo in un contesto quindi può non esserlo in un altro. A titolo di curiosità va aggiunto che Larasong era stata commissionata ai Litfiba per la versione italiana di Lara Croft Tomb Raider: The Angel of Darkness, videogioco in cui la celebre eroina viene coinvolta in una vicenda ricca di risvolti esoterici.
Ora, volendo essere maliziosi, il significato del testo potrebbe andare ben oltre la semplice trama del videogame, ma lasciamo ciascuno libero di interpretarlo come desidera, non avendo prove certe al riguardo.
Larasong
(G. Cavallo, F. Renzulli)
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E chi sa,
se sono io che gioco te oppure se sei tu che… che… che… che giochi me Sei nei guai e tutto sembra contro di te stavolta devi correre lottare per la verità Sfiderai antiche strane creature nascoste dietro agli angoli tra enigmi segni e profezie Ora c’è… c‘è l‘angelo oscuro the angel of darknessuna nuova identità allucinazione o realtà… chi sei? oltre il buio c’è la verità Sentirai il pregiudizio su di te accetta questa realtà il dubbio rende fragili Ti perderai… ti perderai.. Ti cercherai… ti cercherai.. Ti troverai… ti troverai.. Ora c’è… c’è l’angelo oscuro the angel of darkness una nuova identità allucinazione o realtà… chi sei? oltre il buio c’è la verità Pensa chi sei.. pensa chi sei… pensa chi sei… Si che lo sai! Pensa chi sei… pensa chi sei… Ora c’è… un angelo oscuro una nuova identità Ora c’è… un angelo oscuro una nuova identità E chi sa, se sono io che gioco te oppure se sei tu che… che… che… che giochi me. |
Invece, ancora più esplicita è Invisibile:
Invisibile
(G. Cavallo, F. Renzulli, Venier)
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Qui danzano le ombre, io resto immobile
arrivano dal buio, dall’invisibile Il fiume scorre tra due sponde, su una ci sei tu rituale antico di Caronte che ci avvicinerà Non puoi respingermi sono l’ombra dei tuoi passi sono dietro di te sono l’ombra dei tuoi passi sono dietro di te sono l’ombra dei tuoi passi sono dietro di te sono l’ombra dei tuoi passi Ombre intagliate come draghi, formule magiche io so evocare forze oscure, mi spingo al limite Sto per aprire quella porta, qualcosa troverò e sazierò i tuoi desideri, genio invisibile non puoi respingermi sono l’ombra dei tuoi passi sono dietro di te sono l’aria che respiri, sono intorno a te anche se non puoi vedermi sono l’ombra dei tuoi passi sono dietro di te sono l’aria che respiri, sono intorno a te anche se non puoi vedermi non puoi respingermi sono l’ombra dei tuoi passi sono dietro di te sono l’aria che respiri, sono intorno a te anche se non puoi vedermi sono l’ombra dei tuoi passi sono dietro di te sono l’aria che respiri, sono intorno a te anche se non puoi vedermi io sono intorno a te. |
Il fatto che i riferimenti all’occultismo fossero ben presenti anche durante il periodo con Cabo Cavallo dimostra quindi che questi temi non erano una prerogativa del solo Pelù. Ulteriore conferma la troviamo sulla pagina Facebook di Renzulli:
19 dicembre 2012: «Ciao belli, voglio spiegarvi il significato del simbolo che sto ri-usando. Fu trovato nel 1986, su un vecchio libro di alchimia ed esoterismo dalla mia ex fidanzata Camilla, che saluto. Mi piacque subito e decisi di applicarlo sulla mia chitarra, l’ho poi usato fino alla fine del 1988. Come potete vedere dalla tabella allegata è il simbolo dei 7 pianeti,dei 7 metalli alchemici e dei 7 giorni della settimana. Come mi ha fatto notare Alessandro Sulmona, vero esperto che ringrazio perché mi ha dissolto le ultime nebbie che avevo sui significati, in alchimia si considerano importanti i 7 centri energetici umani, e ci sono una miriade di cose legate al numero 7 fin dall’antichità, come quelle della tabella,come addirittura il ciclo biologico che è di 7 anni e dulcis in fundo, quello che mi piace di più è che la scala musicale diatonica è di 7 NOTE… ».
Sotto è stata pubblicata anche la tabella esplicativa. Il simbolo a cui si riferisce Renzulli è quello grande a destra:
l Gli attacchi al Papa e alla Chiesa: un tema ricorrente
Come ovvia conseguenza di questo interesse per l’occulto, si può perciò capire come mai la storia dei Litfiba, fin dagli inizi, sia stata ricca di episodi di feroce anticlericalismo. Nel 1984 esce l’EP Yassassin (Contempo). Si tratta di una cover di un brano di David Bowie.
«La storia di Yassassin comincia quando Massimo Buda chiede a Piero una performance per “Let’s Bowie”, la serata in onore del Divino all’Altro Mondo di Rimini, il 18 maggio scorso. I Litfiba decidono che è arrivato il momento di inserire in repertorio una buona cover e la scelta cade su Yassassin per vari motivi […]. Sulla base di questo brano, Piero ha poi preparato per Rimini una breve piéce in cui il protagonista, un carnefice-vittima sbucato dal nulla, si scaglia con follia regicida contro un alto prelato seduto al centro della scena, uccidendolo per poi ritrovarsi in un processo dove l’accusa è sostenuta dal mandante dell’omicidio. La storia potrebbe essere quella di Alì Agca, ma più astratta e più caricata di simboli. Ricordiamo che Bowie stesso ammetteva nel ’79 di aver giocato sul contrasto tra il significato originale della parola yassassin (che è “lunga vita“) e quello opposto che ha in inglese, francese e italiano. Dalla performance è stato tratto un video, decisamente il più impegnativo mai realizzato dal gruppo. (Dal comunicato stampa di Yassassin, 1984)» 21.
A sinistra: l’attentatore Alì Agca; a destra: Giovanni Paolo II accasciato subito dopo lo sparo.
Come tutti ricorderanno, Alì Agca era il terrorista turco che il 13 maggio 1981 cercò di uccidere di Giovanni Paolo II (1920-2005) sparandogli da breve distanza, ma che sbagliò fortunatamente il colpo. Papa Wojtyla a tal proposito sostenne sempre che ciò fosse dovuto ad un intervento della Madonna. Il testo originario di David Bowie affronta tutt’altre vicende, ma il senso del titolo, nell’intenzione dei Litfiba, allora diventa: «Lunga vita ad Alì Acga»! Del resto lo ha ammesso lo stesso Piero Pelù: «A Rimini, all’Altro Mondo, tornammo per un’esibizione importante: la partecipazione alla “Bowie Night”, serata in onore di David Bowie. Presentava Carlo Massarini. Era l’alba del 1984. Dopo aver approfondito la discografia del Duca Bianco, decidemmo di portare sul palco una cover di “Yassassin”, trattata con qualche accorgimento particolare, rendendola più dance con un po’ di elettronica nell’arrangiamento, su idee soprattutto di Gianni e Antonio. Venne così bene che la Contempo decise di pubblicarla su disco. Dedicai “Yassassin” ad Alì Agca. In concerto, mettemmo in piedi una sceneggiata in cui ce la prendevamo con l’attentatore del papa, ma solo perché aveva sbagliato mira. Pesantina, come provocazione, lo ammetto. Ghigo si presentava vestito da Giovanni Paolo II, i ragazzi della band fungevano da coro greco, io ero, ovviamente, l’assassino» 22. Nell’album Litifba 3 (IRA, 1988) vi è poi un brano dedicato alla visita che Papa Wojtyla fece a Santiago del Cile nel 1987, quando venne ricevuto dal dittatore Augusto Pinochet (1915-2006), episodio per il quale il pontefice ricevette molte critiche.
Santiago
(Litfiba)
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E spera e spera, un uomo arriverà
L’immagino in strada, nei cortei, fra noi Aver paura, piangere Cercare i figli morti per lui E l’uomo in bianco scese dal cielo Ma era al di là delle barricate E l’uomo in bianco vide la morte Ma era di là dalle barricate Santiago del Cile Padre, tuo figlio dov’è? Santiago del Cile Io no lo vedo più Natale di sangue No, non lo scorderò E spera e spera, il Papa arriverà L’immagino in strada, nei cortei, fra noi Gridare forte, combattere Sacrificarsi per chi crede in lui E l’uomo in bianco scese dal cielo Ma era al di là delle barricate E l’uomo in bianco vide la muerte Ma era al di là delle barricate E dittature e religione Fanno l‘orgia sul balcone E dittatura e religione fanno l’orgia Santiago del Cile Padre, tuo figlio dov’è? Santiago del Cile Io non lo vedo più Natale di sangue No, non lo scorderò Vangelo, pistola Dimmi la pace qualè? |
Ragionandoci un poco, si può notare immediatamente che questa critica è stata formulata in maniera assai grossolana, indipendentemente dal fatto che fosse fondata o no. Sembrerebbe quasi che gli oppositori del regime si aspettassero che Papa Wojtyla, che all’epoca aveva sessantasette anni, si mettesse quasi a guidare una rivolta armata (E spera e spera, il Papa arriverà/ L’immagino in strada, nei cortei, fra noi/ Gridare forte, combattere/ Sacrificarsi per chi crede in lui). A parte questo, ricordiamo che un Papa deve essere un Papa di tutti, quindi sia di sant’uomini che di grandi peccatori, e quindi non può certo fare distinzioni politiche. Del resto, questo episodio ricorda molto quell’episodio del Vangelo in cui Gesù Cristo durante un pranzo accolse alla sua tavola numerosi peccatori. «I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori? Gesù rispose: non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi» (Lc 5, 30-32). Ma per non essere tacciati di faziosità, riportiamo quanto il laicissimo Sergio Romano (vedi foto a lato), ex diplomatico e da molti anni commentatore de Il Corriere della Sera, scrisse sullo stesso quotidiano del 5 maggio 2005 in risposta alla domanda di un lettore: «Credo che la visita di Giovanni Paolo II in Cile debba considerarsi l’esatto “pendant” di quella che il Papa avrebbe fatto a Cuba più di dieci anni dopo. Quando Castro lo accompagnò lungo i corridoi e le sale del palazzo presidenziale, papa Wojtyla sapeva che le telecamere avrebbero registrato ogni momento di quella lunga passeggiata e l’avrebbero proiettata sugli schermi di tutto il mondo. Ma stava pagando in quel momento il prezzo della visita. Castro aveva bisogno del Papa per rompere l’isolamento e ottenere, nei limiti del possibile, la benevolenza del cattolicesimo americano. E il Papa, dal canto suo, voleva parlare ai cubani, celebrare una messa di fronte al popolo dell’ isola, ottenere che il clero godesse di maggiore libertà. Di tutti i papi del secondo dopoguerra Giovanni Paolo II fu probabilmente, insieme a Giovanni XXIII, quello che ebbe meno pregiudizi politici. La sua esperienza polacca gli aveva insegnato che vi sono momenti in cui occorre avere con il potere un corretto rapporto di buon vicinato. Visitò parecchie dittature e probabilmente non avrebbe esitato, se le circostanze glielo avessero permesso, a fare un viaggio nella Cina comunista. Ma pretese in ogni occasione ciò che maggiormente gli premeva: il contatto con la società. Quando apparve sul balcone del palazzo presidenziale di Santiago, accanto al generale Pinochet, fece esattamente ciò che avrebbe fatto negli anni seguenti con Fidel Castro e altri leader politici: saldò il conto di uno scambio che gli aveva permesso d’incontrare i fedeli e di lasciare nel Paese il segno della sua presenza. Credo che Giovanni Paolo II avesse una forte fiducia in se stesso e nella sua capacità di rovesciare a proprio vantaggio i rapporti di convenienza che la Chiesa, durante il suo pontificato, fu costretta ad avere con i potenti». Non ci risulta però che i Litfiba o Pelù abbiano scritto alcuna canzone sugli incontri che Giovanni Paolo II fece col dittatore comunista Fidel Castro a Roma nel 1996 e a Cuba nel 1998, né che Pelù sia andato a fare barricate contro alcun dittatore…
A sinistra: Giovanni Paolo II con Pinochet, e a destra con Fidel Castro.
Nel 1993 i Litfiba partecipano al concerto organizzato a Roma dai sindacati in occasione della festa dei lavoratori del 1° maggio. Prima di iniziare a cantare, nel backstage Piero Pelù infila un preservativo nel microfono del conduttore RAI che lo sta intervistando e poi, una volta sul palco, grida una frase ingiuriosa al Papa 23. Mai stanco di creare polemiche contro un bersaglio tutto sommato facile come la Chiesa, Pelù coglie l’occasione di farsi sentire anche all’epoca del Gay Pride, sfacciatamente organizzato nel 2000 a Roma, capitale della cristianità, proprio nello stesso anno del Giubileo. Pelù ovviamente si schiera a favore della manifestazione e provoca: «Il Papa si oppone perché teme una massiccia partecipazione di cittadini vaticani» 24. Si può maliziosamente notare come nello stesso anno fosse anche uscito il primo album solista di Pelù dopo la sua uscita dai Litfiba, Né buoni né cattivi (WEA, 2000).
Uno dei brani è Io ci sarò, il cui testo potrebbe far pensare a un collegamento con gli stessi temi. La polemica avrebbe perciò fruttato ancora una volta una pubblicità gratuita 25.
Io ci sarò
(P. Pelù)
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Ottimismo a colazione
è quello che ci vuole dopo la notte che ho passato alla stazione se vedo umani attorno all’osso ad abbaiare ai cani forse è il momento giusto di saltare il fosso non abbassare lo sguardo con nessuno fuori dal brutto sogno con le mie idee non c’è bisogno babe di fare male voglio soltanto farmi rispettare
io ci sarò con tutto il mio entusiasmo
un’altra storia da vivere c’è ora io ci sarò con tutto il mio entusiasmo con tutta la rabbia che c’è in me in me..
c’è rabbia da dividere
io mi vesto da assassino
con il mio passato ho esagerato ma è più forte di me per ora lassù qualcuno mi ama e sento che mi chiama mi dice avanti non lasciarti andare mai disegna l’onda con cui poi tu giocherai
non abbassare lo sguardo con nessuno
tu puoi chiamarlo orgoglio è la mia idea non c’è bisogno babe di dimostrare ci basta solo farci rispettare
io ci sarò con tutto il mio entusiasmo
ci scambieremo lo sguardo e poi e poi io lo farò con tutto il mio entusiasmo un’altra storia da vivere c’è e c’è e c’è io lo farò lo farò lo farò con tutto il mio entusiasmo un’altra storia da vivere c’è io ci sarò ci sarò ci sarò io ci sarò con tutto il mio entusiasmo ci scambieremo lo sguardo e poi e poi e poi. |
Ma non è ancora finita. Nell’album della reunion di Renzulli e Pelù, il doppio live Stato libero di Litfiba (Sony, 2010), prima che inizi El Diablo arriva l’ennesima punzecchiatura di Pelù: «Viviamo in un mondo di peccatori, viviamo in un mondo di tentazioni, fratelli, sorelle… salvate la vostra anima! Chi di voi oggi non ha peccato almeno con il pensiero, almeno una volta… Vedi, ci sono più anime pulite qui che in tutto il …(BIP)». Come ha dichiarato Pelù il «bip» non è stato imposto dalla casa discografica, ma è stato inserito volutamente da loro (anche perché è ugualmente chiaro a chi è riferito il termine: «il Vaticano»). L’auto-censura ha perciò un effetto sarcastico, dal momento che poi invece, durante l’esecuzione del brano non viene toccata la parte in cui viene pronunciato il nome «Ra-tzin-ger» al posto di «6-6-6».
In tutta questa serie di attacchi alla Chiesa, vi è qualche eccezione: ad esempio la simpatia di Pelù per un prete a costante rischio di scomunica come don Andrea Gallo (1928-2013), a cui era dedicato il brano Nel mio mondo, un inedito tratto da Presente (WEA, 2005), una raccolta del suo periodo solista. Don Gallo, descritto come «un angelo di carne comunista nel dolore che se lo fanno santo io mi dovrò prendere i voti», compariva addirittura alla fine del videoclip.
Va ricordato però che le posizioni di don Gallo erano spesso incompatibili con alcuni insegnamenti fondamentali del Magistero della Chiesa. Non solo aveva un atteggiamento ultrapermissivo nei confronti dell’aborto 26, ma era addirittura critico nei confronti dell’obiezione di coscienza 27. Don Gallo partecipava a manifestazioni per i diritti degli omosessuali, era favorevole al testamento biologico, si era addirittura messo a fumare pubblicamente uno spinello per protestare contro la legge sulla droga. E alla fine della messa, anziché canti religiosi, a volte intonava Bella ciao! 28. Don Gallo nella sua comunità genovese di San Benedetto al Porto aveva accolto disadattati, prostitute e trans, cosa certamente lodevole, visto che anche Gesù è andato incontro all’adultera. Vogliamo però ricordare una cosa che spesso viene dimenticata: dopo aver giustamente cacciato quelli che volevano lapidarla, Gesù non le ha detto di continuare nel suo comportamento, ma le ha raccomandato: «Va’ e d’ora in poi non peccare più»! (Gv 8, 11). Pur lasciando a Dio il giudizio definitivo sull’operato di don Gallo, Piero Pelù può stare tranquillo: certamente non correrà alcun rischio di dover prendere i voti!
l Considerazioni finali
Come si è potuto notare, nel corso degli anni i Litfiba hanno avuto un atteggiamento un po’ elusivo. In più di un’occasione hanno lanciato provocazioni anche pesanti e hanno «scherzato col diavolo», dando l’impressione di non prendersi sul serio e facendo pensare che forse alla fin fine fossero solo dei burloni. La frequente partecipazione a trasmissioni televisive da parte di Piero Pelù lo ha in effetti reso più simpatico anche a quelli che inizialmente lo guardavano con un certo sospetto. Abbiamo anche visto che Pelù ha affermato di essersi scagliato contro la Chiesa come istituzione e non contro la religione cristiana. Questo però è fuor di dubbio un atteggiamento ipocrita, perché se fosse vero, allora non avrebbe dovuto utilizzare a sproposito la simbologia cristiana per «smitizzarla». Non solo, ma la Chiesa fà parte integrante della religione cattolica. Piaccia o no, Cristo stesso, pur consapevole della debolezza e delle mancanze dei suoi membri, l’ha voluta per annunciare il Vangelo a tutte le genti e per amministrare i sacramenti («Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa»; Mt 16, 18). Inequivocabili sono poi gli interessi espressamente dichiarati di Pelù e di Renzulli per l’esoterismo, i Tarocchi e la magia. Questo alla fine spiega da dove abbiano origine l’odio verso il Papa e la presa in giro della religione cattolica, non si tratta quindi di un anticlericalismo di matrice politica. Le pratiche magico-esoteriche sono un modo con cui il demonio illude gli uomini promettendo loro potere, successo, soldi, sesso, ecc… Nella Bibbia vi sono molti passi in cui vengono condannate queste azioni. Ne citiamo solo uno a titolo di esempio: «Non si trovi in mezzo a te chi immola, facendoli passare per il fuoco, il suo figlio o la sua figlia, né chi esercita la divinazione o il sortilegio o l’augurio o la magia; né chi faccia incantesimi, né chi consulti gli spiriti o gli indovini, né chi interroghi i morti, perché chiunque fa queste cose è in abominio al Signore» 29 (Dt 18,10-12). E non si dia ascolto a chi afferma che esoterismo e occultismo non sono la stessa cosa. Prova ne è che in un modo o nell’altro le varie dottrine esoteriche mirano tutte a contrastare il cristianesimo o a stravolgerlo facendolo diventare una cosa completamente diversa. La differenza alla fine è solo nel percorso seguito: l’occultismo è come un’autostrada che porta direttamente a Satana, l’esoterismo ci arriva per tortuose vie secondarie, nascoste ai più, le quali inizialmente sembrano andare in altra direzione, ma alla fine, dopo innumerevoli curve e svolte, giungono alla stessa mèta. Ma anche volendo ridimensionare tutto quanto analizzato finora e volendo ridurre tutto a semplici provocazioni, vorremmo far notare quelle che sono state alcune delle caratteristiche della filosofia di Pelù e compagni manifestata durante tutti questi anni:
- Gli attacchi alla religione cattolica («il Paradiso è un’astuta bugia»), alla Chiesa e al Papa, (considerati solo strumenti del potere);
- L’inclinazione verso la magia e l’esoterismo;
- La predilezione verso le canne e l’abuso di alcol (per Pelù solo le droghe pesanti come l’eroina sono pericolose);
- Il matrimonio e la fedeltà al proprio partner sono cose noiose e superate (Gioconda, Il mistero di Giulia, Regina di Cuori);
- L’atteggiamento favorevole all’eutanasia (Dottor M.) e all’aborto (trasmissione televisiva di Celentano).
Insomma, sia che i Litfiba siano sul serio satanisti, sia che non lo siano, si può forse pensare che tutti questi comportamenti dispiacciano al diavolo? D’altro canto, qualcuno potrebbe obiettare che in più di un’occasione Pelù ha appoggiato iniziative benefiche: col brano Il mio nome è mai più, cantato con Ligabue e Jovanotti, ha raccolto fondi per alcuni Paesi dove vi sono stati conflitti (ex Iugoslavia e altri). Inoltre, ha collaborato con i Frati Giuseppini del Murialdo, un gruppo di missionari attivi in Sierra Leone 30. Ovviamente, ben vengano queste azioni. Ammettiamo anche che queste cose siano state fatte con il cuore: allora le si prendano pure ad esempio, ma per favore si lasci perdere tutto il resto. Sia chiaro: il nostro scopo non è quello di convincere gli appassionati a smettere di ascoltare le canzoni dei Litfiba. Ciascuno faccia come preferisce, la cosa in fin dei conti non ha alcuna importanza. Ma almeno non si continui ad idolatrarli o a considerarli dei maîtres à penser!
Note
1 Nel seguito dell’articolo per semplicità riporteremo solo alcuni dei vari cambi di formazione.
2 Di questo testo nel 2012 è stata pubblicata per Arcana una nuova edizione ampliata dal titolo Fuori dal Mucchio. La vera storia dei Litfiba.
3 L’intervista pubblicata sul numero zero di Westuff del dicembre 1984 è stata poi ripresa in B. Casini, In viaggio con i Litfiba. Cronache rock dagli anni Ottanta, Ed. Zona, 2009.
4 Cfr. P. Pelù-M. Cotto, Perfetto difesstoso, Mondadori, pag. 167. Riguardo alla pericolosità di spiritismo, candomblè e macumba si veda:
5 Si veda la biografia di Piero Pelù scritta con Massimo Cotto, Perfetto difettoso, Mondadori 2000, pag. 93.
6 Cfr. F. Guglielmi, A denti stretti. La vera storia dei Litfiba, Giunti, 2000, pag. 44.
7 Ibid.
8 Sull’argomento vedi P. Pelù-M. Cotto, op. cit., pagg. 13-14: «Anche mio zio Glauco, che cantava nel Quintetto Millepiedi negli anni Cinquanta, a Firenze, aveva studiato Medicina. In casa, in una stanza adibita a magazzino, in mezzo a un oceano di cose che gli servivano per lavoro, conservava anche un teschio, ricordo dei suoi studi. Per guadagnarmi qualche lira, proposi a zio Glauco di sistemargli per bene la stanza. Il teschio mi venne da piazzarlo nella cucina di zia Giulia. Lei, l’indomani mattina, aprendo la dispensa per preparare la colazione, rischiò l’infarto. Da allora, amo i teschi. Sono bellissimi. A qualcuno so che danno fastidio, perché si associano mentalmente all’idea della morte. Io ne subisco fortemente il fascino, perché è vero che un teschio è ciò che rimane fisicamente dopo la morte ma è anche il riassunto di una vita. Toccarlo, conservarlo non significa, per me, mancare di rispetto a qualcuno bensì solo entrare in contatto con un altra vita o, addirittura, come sostengono in Messico, esorcizzare la paura del Grande Passaggio. In Messico, durante la .festa dei morti, preparano teschietti di zucchero oppure ripieni di dolci che i bambini si mangiano tranquillamente, cosa impensabile da noi, se non al Sud».
9 Cfr. F. Guglielmi, op. cit., pag. 45.
10 Cfr. P. Pelù-M. Cotto, op. cit., pagg. 88-89.
11 Estratto dalla recensione a 17 Re pubblicata su Il Mucchio Selvaggio, nº 107, dicembre 1986, di F. Guglielmi. Recensione riportata su F. Guglielmi, op. cit., pag. 47.
12 Cfr. P. Pelù-M. Cotto, op. cit., pagg. 82-83.
13 Ibid.
14 Ibid., pagg. 129-130.
15 Ovviamente su questo stesso sito c’è l’imbarazzo della scelta. Per cominciare si leggano ad esempio le pagine dedicate ai Led Zeppelin, che costituiscono sicuramente il caso più inequivocabile.
16 Cfr. P. Pelù-M. Cotto, op. cit., pag. 134.
17 Ibid., pag. 138.
18 Per quanto riguarda la rana della copertina (o le due rane, a seconda di come la si guardi) riportiamo quanto affermato in Litfibopolis, uno dei più importanti blog sui Litfiba, all’indirizzo
«Anni fa il sito ufficiale dei Litfiba, in merito al significato della rana (o due rane messe una di schiena all’altra ) narrava: “Nell’antico Egitto la rana era, per via della sua fecondità e delle sue trasformazioni, il simbolo del continuo rinnovarsi della vita. La rana raffigurava i primi déi nati dal fango e fu la rappresentazione della Dea della nascita Hecket, la buona consigliera della religione popolare. Gli abitanti dell’antica Cina pensavano che le uova delle rane cadessero dal cielo con la rugiada del mattino. Un antico testo afferma che una delle due anime dell’uomo ha la forma di una rana. Si racconta anche che poeti e imperatori riuscissero a far cessare il gracidio delle rane con un semplice ordine. La rana ha un ruolo così importante nella magia popolare, che Plinio scriveva che se fosse stato per i maghi, le rane avrebbero avuto più importanza per il mondo che le leggi. Il concetto cristiano della rana è influenzato dai racconti dei flagelli d’Egitto dell’Esodo, dove tutto il Paese è invaso dalle rane. I primi Padri della Chiesa posero l’accento sul fango, habitat naturale della rana e sui suoi gracidii, e ci videro un simbolo del diavolo o del pensiero eretico. Nell’Egitto copto invece, si è perpetuata l’antica immagine positiva della rana rappresentata sulle lampade a olio come simbolo di resurrezione. La rana è, dunque, simbolo di evoluzione e mutamento”».
19 Per saperne di più sulla gravità dei malefici si veda il sito di Padre Gabriele Amorth
20 Si veda http://it.wikipedia.org/wiki/Elettromacumba
21 Cfr. F. Guglielmi, op. cit., pag. 23. Il video è reperibile a questo indirizzo:
22 Cfr. P. Pelù-M. Cotto, op. cit., pagg. 58-60. La stessa esplicita ammissione comunque ci fu anche all’epoca. Si vedano l’intervista del 30 maggio 1984 rilasciata ad una TV locale di Prato rintracciabile questo indirizzo:
Ma anche il concerto di Marina di Carovigno nel 1985 in cui Pelù introduce così il pezzo: «Il prossimo brano è dedicato ad Alì Agca… Sapete chi è Alì Agca? Ha sbagliato mira… tschh… tschh… che brutta mira»! Questa registrazione è reperibile qui:
23 Si veda l’articolo di G Ferraris, «Il rock ai lavoratori», in La Stampa, del 03 maggio 1993, pag. 21.
24 Vedi articolo de Il Corriere della Sera, del 18 giugno 2000 in
25 Del resto, nonostante abbia avuto diverse compagne e anche tre figlie, Pelù durante una videochat su La Stampa, del 28 ottobre 2010, ha rilasciato questa dichiarazione: «Il nostro primo manager, Casini, è un gay dichiarato e io non ho mai smesso di frequentare ambienti gay». Si veda l’articolo: «Pelù & Renzulli Amati dai giovani grazie a Internet» alla pagina web
26 «Ho aiutato delle prostitute albanesi ad abortire. Io ho consigliato loro di non farlo, ma quando mi hanno detto che, comunque, volevano abortire le ho indirizzate ad un medico amico, che ha eseguito l’intervento». Si veda:
In casi come questi sarebbe stato meglio che don Gallo avesse preso esempio da don Oreste Benzi, che agiva in tutt’altro modo: forniva alle donne in difficoltà tutti gli aiuti possibili, materiali e spirituali, purché non abortissero!
27 «Un medico che si dichiara obiettore non è un medico completo». Si veda
su La Repubblica, del 19 marzo 2008.
29 Per chi volesse approfondire ulteriormente cosa dice la Bibbia riguardo a queste pratiche si veda:
30 Cfr. P. Pelù-M. Cotto, op. cit., pagg. 83; 173-174; 193-199.
- See more at: http://www.losai.eu/litfiba-e-piero-pelu-esoterismo-o-provocazioni/#sthash.TwruIVG7.dpuf
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