giovedì 30 ottobre 2014

tutto quello che nessunntiotos albums09/09/2013 5 luoghi dove l' uomo si salverà dall' estinzione

5 luoghi dove l' uomo si salverà dall' estinzione



 5 luoghi dove la nostra civiltà sopravvivrà all’estinzione.
Quando crollò l’Impero romano, ci vollero mille anni prima che la civiltà occidentale tornasse ai livelli di crescita, civiltà e prosperità precedenti alle invasioni barbariche. Mentre le città venivano messe a ferro e fuoco e i grandi palazzi e le biblioteche saccheggiati, le vestigia della civiltà del passato vennero preservate nei monasteri, dove gli amanuensi ricopiavano faticosamente le opere degli Antichi, sopravvissute così fino a oggi. Che cosa succederebbe oggi se la civiltà tecnologica dovesse collassare, facendo tornare i pochi sopravvissuti a uno stato medioevale, tale per cui occorrerebbero migliaia di anni prima di tornare ai livelli pre-catastrofe? Qualcuno ci ha pensato. Sono nati così alcuni progetti davvero fantascientifici. Segnatevi le coordinate, casomai vi troviate ad essere tra i pochi sopravvissuti a una catastrofe apocalittica.

1. Capsule del tempo Westinghouse


Schema della capsula del tempo.

Il concetto di “capsule del tempo” è stato coniato proprio dalla Westinghouse, famosa in tutto il mondo come produttrice di reattori nucleari. L’azienda ne ha costruite due, a distanza di venticinque anni l’una dall’altra, per le esposizioni universali di New York del 1939 e del 1964. Dalle dimensioni di 2,2 metri di lunghezza e circa trenta centimetri di diametro, hanno una forma a proiettile e sono state realizzate con leghe speciali appositamente realizzate: la prima, chiamata Cupaloy, fatta principalmente di rame con tracce di cromo e argento; la seconda, battezzata Kromarc, è una lega di acciaio, nickel, cromo, manganese e molibdeno. Entrambe sono in grado di resistere all’erosione del tempo per 5000 anni. Difatti, se l’umanità sarà ancora viva e vegeta e ricorderà dove sono seppellite (ma ci sono due basamenti di granito a segnare la posizione), le due capsule dovrebbero essere aperte cinquemila anni dopo la loro inumazione, dunque nel 6939 e nel 6964. Cosa c’è dentro? Nella prima troveremo un microfilm speciale in grado di contenere diversi testi di letteratura, un migliaio di immagini di arte contemporanea, un almanacco, un dizionario e una raccolta di notizie di quegli anni, tra cui alcune copie della rivista Life. Il microfilm è accompagnato da un piccolo lettore, e include istruzioni per la costruzione di un lettore più grosso. Ma c’è anche una moneta da un dollaro, una sigaretta, una penna, un alfabeto, e una selezione di semi di piante da coltivazione (grano, mais, tabacco, cotone, riso, fagioli, canna da zucchero, carote ecc.). Nella seconda capsula ci sono istruzioni sulla produzione di energia atomica, di razzi per raggiungere lo spazio, un’ampia serie di articoli sugli ultimi sviluppi scientifici e tecnologici, una raccolta di notizie dell’epoca, e – tra le altre cose – un microfilm che raccoglie le firme dei visitatori dell’esposizione universale del 1964.
Coordinate: 40°44’42’’N 73°51’2’’O. Flushing Meadows Park, Queens, New York City, USA.

2. Cripta della civiltà


Foto d’epoca della “Crypt of Civilization”.
Lo straordinario resoconto dell’ingresso di Howard Carter nell’inesplorata tomba di Tutankhamon nel 1923 entusiasmò l’americano Thornwell Jacobson, che immaginò di costruire una cripta in grado di conservare per millenni le vestigia dell’epoca contemporanea. Nacque così il progetto della Crypt of Civilization, che Jacobson prospettò in un annuncio per radio sulla NBC nel 1937. La costruzione iniziò subito dopo presso la Oglethorpe University a Brookhaven, alle porte di Atlanta, in Georgia. Il sito era una vecchia piscina incorporata nelle fondamenta del Phoebe Hearst Memorial Hall, uno degli edifici in stile gotico del complesso universitario. Lunga 6 metri, alta 3 e ampia altrettanto, la cripta oggi è coperta da un tetto in pietra dello spessore di tre metri e mezzo e sigillata da un portello in acciaio saldato sul posto. L’interno assomiglia in effetti a un’antica tomba egiziana, se non per il fatto che non vi sono mummie ma solo artefatti umani. Oltre 800 opere di letteratura sono conservate su microfilm, accompagnati da un lettore elettronico e da uno a manovella, nel caso in cui, all’epoca in cui la cripta sarà aperta, non esista l’elettricità. Vi si trovano registrazioni di personaggi storici dell’epoca, tra cui Hitler, Mussolini, Stalin e Roosvelt, e oggetti donati da tutto il mondo, tra cui una copia della sceneggiatura originale di Via col vento. Non mancano oggetti scientifici e copie dell’Atlanta Journalcon notizie sui primi anni della Seconda guerra mondiale. La cripta fu infatti sigillata il 25 maggio 1940, in una solenne cerimonia. L’iscrizione posta all’ingresso si rivolge all’umanità dell’anno 8113, quando dovrebbe essere riaperta.
Coordinate: 33°52’20’’N, 84°19’53’’O. Oglethorpe University, Brookhaven, Atlanta, USA.

3. Georgia Guidestones


Il Georgia Guidestones.
Non lontano dalla Cripta della Civiltà, sorge un monumento inquietante, simile al megalite di Stonehenge. Il Georgia Guidestones risale al 1980, quando un anonimo commissionò l’opera a una ditta di costruzioni in granito. Il monumento consiste infatti in 6 lastre: una al centro, quattro ai lati e una a copertura. Tutte sono ricoperte di iscrizioni in otto lingue tra le più parlate al mondo: inglese, cinese, hindi, spagnolo, arabo, russo, swahili, ebraico.  Come Stonehenge, il megalite è orientato astronomicamente. Una fessura sulla pietra centrale punta alla Stella Polare, un’altra è allineata con la posizione del Sole ai solstizi e agli equinozi, un’altra ancora è perpendicolare alla posizione del Sole a mezzogiorno, così che un fascio di luce vi passi attraverso e colpisca una delle lastre laterali, indicando il giorno dell’anno. Una scritta alla sommità indica l’obiettivo del monumento: “Lasciate che queste pietre-guida conducano all’età della ragione”. Seguono una serie di misteriosi precetti per garantire l’armonia della civiltà umana. Tutto ciò ha scatenato violente reazioni in vasti gruppi di fondamentalisti americani, dai cristiani evangelici ai complottisti. Difatti si sono registrati diversi atti vandalici con scritte inneggianti il crollo del New World Order e la fine del complotto sionista, e frasi sul trionfo di Dio contro Satana. Predicatori cristiano-evangelici hanno infatti definito il monumento come “le tavole della legge dell’Anticristo”.
Coordinate: 34°13′55″N, 82°53′40″O. Elbert County, Georgia, USA.

4. La volta dei semi


L’ingresso della Svalbard Global Seed Vault.
Negli ultimi anni l’esistenza di questo deposito ha provocato scomposte reazioni tra gli assertori della fine del mondo nel 2012. Cosa c’è di più inquietante di un gruppo di nazioni che decidono di costruire tra le nevi perenni della Norvegia un bunker per conservare tutte le sementi del mondo? In realtà lo scopo ha poco a che vedere con le sconfessate profezie Maya. Si tratta infatti di un progetto per la conservazione della biodiversità minacciata dall’incombente cambiamento climatico. Per questo la volta, il cui nome preciso è “Svalbard Global Seed Vault”, ha stoccato qui dentro decine di migliaia di campioni, che restano di proprietà di coloro che li hanno depositati, mentre il governo della Norvegia ne garantisce solo la conservazione alla stregua di una banca. L’enorme bunker si trova sull’isola di Spitsbergen, nell’arcipelago norvegese delle Svalbard, all’interno di una montagna. Un sito privo di attività tettonica e dove la temperatura non sale mai oltre i -3° C, assicurando la naturale conservazione dei semi per migliaia di anni. Di spazio ce n’è in abbondanza. Eretto nel 2006, l’edificio ha cominciato a ospitare sementi due anni più tardi e al momento ne possiede intorno ai 100mila. Ma ne può contenere fino a 4,5 milioni, così da assicurare la preservazione di tutte le più disparate linee genetiche. In tal modo, la perdita di una linea genetica a causa dei tanti innesti realizzati in agricoltura non porterà all’estinzione di quel particolare seme. A finanziare il progetto è la fondazione di Bill Gates, con altre donazioni minori da parte della Fondazione Rockfeller e della Monsanto, oltre a un contributo annuo del governo norvegese.
Coordinate: 78°14’10’’N 15°29’32’’ N. Spitsbergen, isole Svalbard, Norvegia.

5. L’Orologio dei 10.000 anni


Modello in scala dell’Orologio della Long Now.
Nei dintorni di Van Horn, una tipica cittadina texana nel mezzo del deserto, sorge una montagna. Lì, a 450 metri di altitudine, si apre l’ingresso di un enorme scavo (foto in apertura) dove sono in corso di completamento i lavori dell’Orologio dei 10.000 anni. Un progetto avveniristico promosso molti anni fa da Stewart Brand, guru dell’ecologia e della sostenibilità ambientale, e da Kevin Kelly, ex direttore dell’edizione americana di WiredInsieme hanno fondato la Long Now Foundation, con sede a San Francisco, per sensibilizzare l’umanità sul pensiero di lungo termine. L’umanità, ricordano, esiste come civiltà da diecimila anni. Dobbiamo essere in grado di immaginare che durerà per almeno altri diecimila. E se qualcosa andasse storto nel frattempo, bisogna offrire uno strumento in grado di riprendere la corsa verso il progresso. È questa l’idea alla base dell’enorme orologio in costruzione nel Texas, in grado di continuare a segnare il tempo per 10.000 anni con un apporto minimo di energia. L’area è stata donata alla Long Now da Jeff Bezos, numero uno di Amazon, che possiede un enorme appezzamento di terreno su cui sogna di far sorgere lo spazioporto per la sua compagnia di voli spaziali privati. Le condizioni meteorologiche e geologiche rendono il sito perfetto per preservare il meccanismo dell’orologio e ciò che verrà stipato nella volta, tra cui una possibile Biblioteca dei 10.000 anni in fogli di carta, in grado di durare molto più a lungo degli attuali supporti digitali, e di non necessitare di tecnologie per essere letti.
Coordinate: 31°2’33’N 104°49’59’’O. Van Horn, Texas, USA.

Tumori, torna la cura Di Bella. Dal figlio migliaia di pazienti

Tumori, torna la cura Di Bella. Dal figlio migliaia di pazienti

cura di bellaStessi farmaci. E alcuni tribunali impongono alle Asl il rimborso dei costi
Se c’è una parola che potrebbe riassumere tutto è «speranza». Di guarire, certo. Ma anche di tornare a una vita non più sospesa tra la morte e l’attesa che giunga. Quella vita che, giura un avvocato di San Severo di Foggia, ha ritrovato sua moglie. Condannata da un tumore alla mammella «e tornata sana. Alla faccia di ciò che diceva la scienza ufficiale». Tornata al mare con i figli e il marito, a dispensare sorrisi e carezze, a fare progetti. «E tutto grazie alla Cura Di Bella».
A quindici anni, quasi, dalla fine della sperimentazione, il «Metodo Di Bella» è diventato – così spiega l’avvocato Gianluca Ottaviano che oggi segue alcuni pazienti Stamina – la seconda cura antitumorale del Paese». La prima è quella erogata dal servizio sanitario nazionale. L’altra quella che Giuseppe Di Bella, figlio di quel medico dai capelli bianchi che, alla fine degli Anni 90, riuscì ad ottenere la sperimentazione della sua terapia anticancro – somministrata da anni nel suo studio di via Marconi, centro di Bologna.
E qui la differenza la fanno i numeri. Due-tre mila persone curate, in pochi anni. Esiti molto diversi tra loro, certo. Ma alcuni casi fanno scalpore. E a quella porta vanno a bussare migliaia di persone. «Niente mail» ne arrivano troppe con richieste di terapia. Solo telefonate, e anche così è complicato star dietro a tutti. Arrivano uomini con tumore alla prostata. Donne con patologie terribili e devastanti. «Gente ormai al quarto stadio, quelli che già respirano il fiato della morte» dicono a Bologna. E lui, Giuseppe Di Bella li riceve tutti. Parla per ore, spiega tutto, e se è il caso parte con la terapia.
I farmaci sono quelli di sempre, quelli che già suo padre utilizzava a suo tempo. Somatostatina prima di tutto e poi ancora octreotide, vitamine (A, C, D, E) melatonina, calcio e molto altro ancora.
«I risultati ci sono e ottimi» s’infervora l’avvocato Ottaviano. «L’unico guaio è che la si deve pagare tutta di tasca propria. E non tutti possono permetterselo». Come accade con Stamina, con le cure imposte dai tribunali, anche in questo caso la magistratura si fa sentire. I tribunali di Lecce, di Lucca e una sfilza di altri, hanno ordinato alle Asl di competenza di «pagare le cure ad alcuni malati». E ci sono altre sentenze in arrivo. I giudici si basano sugli esiti delle perizie dei Ctu (i consulenti) che se notano una regressione della malattia, o una stabilizzazione dicono: «L’Asl deve pagare le cure già fatte e quelle che verranno». È già accaduto parecchie di volte. Accadrà ancora. «Ne abbiamo altre in arrivo, saranno rivoluzionarie. Questa volta non si potrà più far finta che la cura non esista» dicono i pazienti.
E poi c’è la questione denaro. Quanto costa comprarsi questa speranza. Tanto o poco, a seconda di quanto sei attaccato a questa vita, certo. Ma anche di quali sono le entrate di chi va a bussare a quella porta. Duemila euro al mese di medicinali, stima qualcuno. Ma i consulti con Giuseppe Di Bella non costano. «Paghi la prima visita e poi basta, anche se lui ti vede e ti rivede decine di volte» dicono i pazienti.
Ripartire con richieste di sperimentazione a livello nazionale? «Non ha senso» suggerisce Giuseppe Di Bella. «Non ha senso» insistono alcuni pazienti. E la coda davanti alla porta si allunga, in un pellegrinaggio alla ricerca della speranza.
Fonte: La Stampa – Ludovico Poletto