sabato 2 novembre 2013

Usa-Germania,

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ESTERI

Usa-Germania, sfida totale
Ora litigano sull’economia

Washington: siete come la Cina, troppo export. Berlino: accuse incomprensibili
INVIATO A NEW YORK
Altro che Datagate. Gli effetti davvero pericolosi delle tensioni che abbiamo visto nelle ultime settimane sono quelli affiorati nella battaglia delle parole tra Usa e Germania, sulle loro pratiche economiche. Il dipartimento al Tesoro americano, nel suo rapporto semestrale, ha accusato Berlino di penalizzare l’intera ripresa dell’eurozona, usando politiche simili o peggiori di quelle della Cina. Il governo tedesco ha reagito con forza, definendo «incomprensibili» le critiche venute da Washington. Non siamo ancora alla rissa diplomatica, ma toni simili fra alleati sono molto inusuali.  

La questione dello spionaggio della National Security Agency ha attirato tutta l’attenzione, soprattutto quando si è scoperto che gli americani ascoltano le telefonate di Angela Merkel dal 2002. La cancelliera ha telefonato direttamente al collega Barack Obama per ricevere spiegazioni, mentre il presidente del Parlamento europeo, il tedesco Martin Shulz, ha detto che per ritorsione bisognerebbe bloccare il negoziato in corso sul trattato per il libero scambio tra Ue e Usa. 
Potevano sembrare schermaglie normali, in una situazione del genere. Gli americani hanno commesso l’errore di farsi scoprire con le mani nel barattolo della marmellata e, anche se tutti gli altri fanno lo stesso, era inevitabile che i leader si indignassero per difendere la loro credibilità davanti ai propri elettori. L’episodio di ieri, però, dimostra che le incomprensioni sono più gravi e profonde del passeggero Datagate. 

Nel suo rapporto semestrale, il Tesoro americano dice che la politica tedesca di contenere i consumi interni e spingere le esportazioni sta frenando l’intera Europa. La Germania prospera, vendendo i suoi prodotti nello stesso continente, ed evitando così gli effetti negativi dell’alto valore dell’euro: gli altri paesi dell’Unione, soprattutto quelli meridionali, pagano il prezzo. Berlino invece dovrebbe stimolare la domanda interna e le spese dei tedeschi, per ridurre il suo avanzo commerciale. Così l’acquisto dei beni in arrivo dagli altri membri della Ue favorirebbe la ripresa economica dell’intero continente. 
A stretto giro ha risposto il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, definendo «incomprensibili» le critiche americane. «L’attuale surplus corrente - ha detto Schaeuble - è espressione della forte competitività dell’economia tedesca e della domanda internazionale per i prodotti di alta qualità dalla Germania, e non è fonte di preoccupazione». Il ministro quindi ha negato l’esistenza di squilibri, e ha aggiunto che la crescita dei salari un Germania è «robusta». 

Sul piano strettamente tecnico, ci sono argomenti per sostenere entrambe le posizioni. È vero infatti che la Germania ha puntato molto sulle esportazioni, in particolare nell’eurozona, frenando invece al massimo sull’inflazione. È anche vero, però, che nell’ultimo anno i consumi domestici tedeschi sono cresciuti, mentre le esportazioni sono diminuite verso gli altri paesi europei, e aumentate verso paesi come la Cina. Nello stesso tempo è ormai chiaro che la Federal Reserve americana sta facendo il possibile per tenere basso il valore del dollaro, favorendo così le sue esportazioni e danneggiando quelle dell’eurozona. 

Dietro a questo dibattito, in realtà, c’è un’antica disputa sulle ricette per affrontare la crisi iniziata nel 2008. La Germania è stata la paladina dell’austerity, imponendo regole dure a tutta la Ue, mentre gli Usa hanno puntato sugli stimoli, come il «quantitative easing» praticato proprio dalla Fed guidata da Ben Bernanke e Janet Yellen. Washington, per via indiretta e non solo, ha cercato di sollecitare Berlino a cambiare strada, passando dall’austerity alla crescita, per favorire anche la ripresa americana. La Merkel, però, è rimasta generalmente ferma. Quindi è scoppiato il Datagate, con tutte le polemiche delle ultime settimane, come se le tensioni vere e importanti fossero davvero quelle delle telefonate spiate

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