martedì 27 agosto 2013

basta guerra

Di Luca Lampugnani | 27.08.2013 18:13 CEST
Sembra essere arrivata l'ultima parola delle potenze occidentali rispetto al caso siriano: in un incontro martedì mattina ad Istanbul tra alcuni dei Paesi che fanno parte del gruppo 'Amici della Siria' e la Coalizione nazionale siriana, infatti, secondo alcune fonti presenti e rimaste anonime la decisione finale sarebbe quella di compiere nei prossimi giorni alcuni raid, come avvertimento al presidente Bashar al-Assad.
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Lo scenario sarebbe stato confermato, stando a quanto riporta l'Nbc, anche da una fonte interna all'amministrazione Usa. Il probabile intervento militare incrinerà e complicherà ulteriormente lo scacchiere internazionale, tanto che gli Stati Uniti, tra i partecipanti dell'incontro di martedì, hanno rinviato un colloquio che si sarebbe dovuto svolgere domani all'Aia con la Russia, proprio per discutere delle risoluzioni all'attacco chimico in Siria.
La decisione, inoltre, potrebbe anche essere la rottura definitiva tra le due potenze che più pesano rispetto al caso siriano, divise tra l'interventismo di Washington e la contrarietà ad un attacco militare di Mosca. Nonostante al momento Barack Obama non abbia ancora preso alcuna decisione, come tengono a precisare dalla Casa Bianca, il segretario alla difesa Chuck Hagel fa sapere in un intervista alla Bbc che gli asset militari sono stati spostati per poter assecondare qualunque opzione, studiata dal Pentagono, scelga il presidente degli Usa.
Intanto anche nel 'Vecchio Continente' è molto dibattuta la situazione siriana, tra chi è pronto all'intervento militare e chi, come la Germania, richiama ad una risoluzione 'politica'. Francois Hollande, intervenendo all'apertura della conferenza degli ambasciatori, ha dichiarato che "l'attacco chimico su Damasco non può restare senza risposta", tanto che la Francia sarebbe "pronta a punire chi ha preso la decisione di colpire col gas degli innocenti".
Una posizione che sembra esulare dalla cautela che usano il Paese di Angela Merkel e l'Italia. Quest'ultima, attraverso le parole del ministro degli Esteri Emma Bonino, ha fatto sapere di non essere disposta ad un intervento militare, soprattutto nel caso non ci sia una completa adesione da parte di tutti gli stati che compognono l'Onu. Dalla Gran Bretagna, invece, il premier Cameron esorta la Comunità Internazionale a "rispondere" rispetto all'attacco chimico del 21 agosto, aggiungendosi di fatto, come già era emerso nei giorni scorsi, ai Paesi più inclini ad un intervento armato.
Tensioni anche in Medio Oriente, dove il presidente israeliano Benyamin Netanyahu ha dichiarato che il suo Paese non "è parte alla guerra civile in Siria", aggiungendo che "a fronte di ogni tentativo di colpirci risponderemo, e risponderemo con forza ", mentre dalla Lega Araba fanno sapere di essere convinti della colpevolezza di Assad rispetto all'attacco chimico, affermando che l'Onu deve "superare le divergenze e adottare misure dissuasive".  


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